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Occupy Wall Street, il vuoto di una protesta

È passato un anno da quando quel 17 settembre un gruppo di ragazzi si sono accampati a Zuccotti Park, la piazza tra il Ground Zero e la Borsa di New York, per protestare contro quelle che considerano le misure finanziarie che hanno tolto l’aria (e il senso) all’economia americana. Il fenomeno ha avuto un effetto domino e si è sparso in tutto il mondo: Londra, Madrid, Berlino, Sydney. Ma che cosa è cambiato in questo anno? Qualcuno si ricorda degli Occupy?
 
A maggio del 2012, a proposito delle manifestazioni previste per il 1° maggio in tutto il mondo occidentale, da Toronto fino a Barcellona, Formiche ospitò un focus: “Occupy, il senso di una protesta” con analisi sulle motivazioni e gli stimoli, gli obbiettivi e la retorica – a volte vuota – di questi indignados. Il professore di Economia internazionale, Salvatore Zecchini, spiegava le ragioni e la tipologia dei manifestati, non solo giovani ma anche disoccupati e protestanti di sempre; Corrado Ocone argomentava perché considera questo fenomeno autoreferenziale e politicamente improduttivo, mentre il giornalista di “Repubblica”, Riccardo Staglianò, autore del libro “Occupy Wall Street” (Chiare Lettere, 2012) raccontava la sua esperienza all’interno del movimento dei ragazzi ribelli di Wall Street.
 
Oggi, in occasione del primo anniversario, i giovani e meno giovani di Occupy si sono ritrovati in piazza. Se questo modo di manifestare contro i sistemi capitalisti contemporanei è utile o meno potrà dirlo solo il tempo. Basta però dare uno sguardo alle prime pagine dei giornali per capire che non sono più notizia.
 
r.m 
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