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Così Francia e Germania vanno in ordine sparso sulle auto

Parigi ha deciso di intervenire in soccorso del gruppo automobilistico Peugeot evitando così la chiusura dello stabilimento di Aulnay, fornendo alla banca di finanziamento del gruppo, che si trova in difficoltà, una garanzia di 7 miliardi di euro, oltre a una proroga bancaria. La società, si legge su MF-Milano Finanza, in cambio rinuncerà a pagare dividendi e le stock options fino a quando durerà la garanzia dello Stato francese nei confronti del suo braccio finanziario, Banque Psa Finance, come aveva richiesto il primo ministro, Jean-Marc Ayrault.
 
La decisione di Parigi avviene in un momento critico per l’intero settore automobilistico, toccando anche chi finora era rimasto fuori dalla tempesta della crisi, come Volkswagen, che registra un calo del margine operativo del 19% rispetto al terzo trimestre 2011, confermando comunque i target per l’anno e la volontà di non smantellare gli stabilimenti in Europa.
 
Secondo l´editorialista Ugo Bertone, “in Europa c’è stata una crescita dell’invenduto con una capacità produttiva di due milioni di pezzi in più rispetto alla capacità di assorbimento del mercato. In base a questo si potrebbe tentare una terapia all’americana, come fatto nel 2008-2009, in cui, grazie al contributo statale, sono stati eliminati gli impianti in eccedenza e si è cercato di pilotare il tutto verso una situazione sociale sostenibile, con il coinvolgimento dei sindacati per le problematiche pensionistiche”.
 
“In Europa – prosegue Bertone – questa situazione sembra impossibile perché l’industria automobilistica ha ancora una fortissima valenza nazionale e forte è anche il legame politico al territorio perciò c’è stato un tentativo generale di evitare fino all’ultimo ogni chiusura. Ora però i nodi sono venuti al pettine a causa della seconda ondata di crisi dal 2008 ad oggi. In Usa, dove ci sono meno legami con la politica locale e territoriale, hanno deciso di chiudere stabilimenti Ford, così come la General Motors sta facendo con alcuni stabilimenti della Opel”. Ford ha infatti annunciato la chiusura dello stabilimento di Genk, in Belgio, entro il 2014.
 
“Il limite – spiega l’esperto – è che questa sembra una soluzione parziale perché tra qualche anno comunque ci sarà un’eccedenza produttiva e una forte concentrazione nel settore generalista con la massiccia presenza di utilitarie a bassa redditività e investimenti grazie agli aiuti di Stato in materia green. D’altra parte crescerà la capacità produttiva in Russia, in India, in Brasile e in Cina. Se non si fa una politica comune concordata, il problema non si risolve, ma per arrivarci il percorso è lungo e tortuoso perché quella dell’auto è un’industria a cui è difficile rinunciare”.
 
Secondo Bertone l’unica soluzione per uscire dalla crisi del settore è lanciare una strategia comune. Ma la via sembra piena di ostacoli. “La Francia non intende rinunciare alla sua industria, ma la soluzione di Peugeot è una strada senza sbocco. Lo Stato sta mettendo in campo molto e sta entrando, con i sindacati, nel cda della società. La Spagna, il Belgio e il Regno Unito reagiranno per mantenere i loro stabilimenti e costruire altri impianti produttivi automobilistici, con una concorrenza sempre più forte. In questo quadro la Germania risulta essere la vera vincitrice e non ha interesse a favorire una soluzione concordata”, commenta Bertone.
 
“La Fiat rischia di essere la vera perdente. La logica azienda le consiglierebbe di seguire la soluzione americana, chiudendo degli stabilimenti, ma non può permettersi una scelta simile per motivi storici e perché è troppo piccola per poter costruire qualcosa di diverso. L’unica speranza per il Lingotto è che salti l’alleanza tra Peugeot e Opel”, conclude Bertone.
 
Anche l´esperto del settore automobilistico ed ex manager Fiat, Ernest Ferrari, ritiene improbabile, per lo stesso motivo, un allineamento a livello europeo della Germania.
 
La decisione di Parigi di sostenere Peugeot, secondo Ferrari “non è ben accetta dalla Casa, rappresentando un’ingerenza in una società privata, ed è rischiosa perché potrebbe dare adito a cattive idee, con l’intromissione statale anche in altri gruppi, come Renault. C’è la possibilità che anche Marchionne sia stimolato a chiedere aiuti statali in Italia per la Fiat. In questo senso c’è anche una certa ipocrisia tedesca perché una quota di Volkswagen è in mani pubbliche, e neppure gli Stati Uniti sono lineari nelle loro decisioni, considerando che Chrysler è stata salvata per ben due volte”.
 
Secondo Ferrari, in un’ottica statale, “l’industria automobilistica rimane importante per l’occupazione e per la strategia industriale”. Ma l’intervento diretto di Parigi in Peugeot si spinge oltre. “In teoria dovrebbe esserci un intervento da parte della Commissione europea, ma in pratica c’è il rischio che neanche a questo livello si prendano provvedimenti, per l’importanza dell’industria automobilistica nell’economia europea”, conclude Ferrari
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