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Per Obama il precipizio fiscale sarà un paradiso politico?

L’agenzia di rating Moody’s si aspetta che gli Stati Uniti cadano temporanemente nel precipizio fiscale (Fiscal Cliff), l’insieme di tagli automatici alla spesa e aumento dell’imposizione fiscale che entrerà in vigore dal primo gennaio se un accordo tra Casa Bianca e Repubblicani al Congresso non sarà trovato.

Non tutto il male viene però per nuocere: sebbene verrà meno la fiducia di aziende e consumatori, le tensioni politiche che ne deriveranno sono l’ingrediente giusto affinché un’intesa definitiva venga raggiunta, secondo l’agenzia di rating. Le questioni fiscali continueranno così a frenare la crescita dell’economia americana, che però dovrebbe riprendersi entro la seconda metà dell’anno prossimo, grazie soprattutto alla ripresa del settore privato. E’ questa la visione di Mark Zandi, il capo economista dell’agenzia di rating che ha pubblicato le previsioni per il 2013 nel rapporto “U.S. Macro Outlook 2013: Poised for Liftoff”. Il titolo suggerisce una congiuntura macroeconomica pronta a ripartire.

L’idea di base di Zandi è che la classe politica americana troverà un accordo comprensivo sul budget all’inizio del 2013, grazie a un piano che, tra l’altro, aumenta il tetto sul debito pubblico e crea i presupposti per una fase di sostenibilità fiscale. L’accordo più probabile, si legge nella nota di Moody’s, prevederebbe i seguenti punti: la scadenza dei benefici fiscali sugli stipendi, la fine dei tagli alle tasse voluti dall’ex presidente George W. Bush per i contribuenti che generano oltre 250.000 dollari all’anno e l’incremento delle aliquote per i più abbienti in modo da raccogliere fondi da usare nel settore sanitario. Messe insieme, queste misure avranno un impatto pari all’1,25% sul Pil del 2013.

Proposte e controproposte fra Obama e Repubblicani

L’amministrazione Obama ha ridotto a 1.400 miliardi di dollari da 1.600 miliardi gli introiti fiscali attesi per i prossimi 10 anni. La nuova controproposta del presidente non prevede però cambiamenti alle proposte che i Repubblicani alla Camera rifiutano di accettare. Tra queste figurano un aumento delle spese in infrastrutture e nuovi poteri per alzare il tetto del debito pubblico. Secondo i Repubblicani quanto offerto da Obama è semplicemente un gesto cosmetico volto a guadagnare tempo.

Le richieste di Corporate America

I capi-azienda parte di Business Roundtable, una lobby che lavora nell’interesse della Corporate America, hanno spedito una lettera ad entrambe le parti affinché il precipizio fiscale venga evitato, impedendo così l’entrata in vigore dal primo gennaio prossimo di tagli automatici alla spesa e aumento dell’imposizione fiscale per tutti gli americani.

”E’ da troppo tempo che la paralisi politica ha alimentato su scala globale l’incertezza che scoraggia le aziende a fare investimenti e assunzioni”, hanno scritto gli amministratori delegati spiegando che “questa paralisi deve terminare senza incorrere nella tentazione di dichiarare vincitori e perdenti”.
 La Business Roundtable resta però imparziale: pur suggerendo un incremento dell’imposizione fiscale, la lobby non specifica quale sia la mossa giusta tra quella targata Obama, che vuole un maggiore contributo dai contribuenti più abbienti, e quella voluta dai Repubblicani, secondo cui alcuni benefici fiscali devono essere ridotti.

La lobby chiede “riforme strutturali significative sui benefici fiscali e sulle riduzioni delle spese”. L’idea è che “avviando simultaneamente queste riforme, senza mettere a repentaglio quelle di più ampio respiro volute da entrambe le parti, si può ricostruire la fiducia necessaria affinché il nostro sistema politico possa funzionare e le aziende possano investire in nuove fabbriche, attrezzature e personale”, si legge nella lettera, che avverte: “i danni [di un mancato accordo] saranno di lunga durata, se non addirittura permanenti. Questo scenario non deve necessariamente verificarsi”.

 A firmare il documento sono stati decine di capi-azienda tra cui Jim McNerney, presidente del colosso dell’aerospazio Boeing, e Andrew Liveris, presidente del gruppo chimico Dow Chemical.

 La Business Roundtable rappresenta aziende che, insieme, generano ricavi annuali da 7.300 miliardi di dollari e contano oltre 16 milioni di dipendenti.

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