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Ma quali progressi dell’Eurozona…

Quali passi in avanti sono stati fatti nel 2012 per combattere la crisi economica? Quali sono le decisioni prese più importanti e i prossimi obiettivi che l’Ue deve porsi? Ecco le prospettive dell’Eurozona secondo Domenico Lombardi, esperto di economia internazionale, presidente dell’ Oxford Institute for Economic Policy, Senior Fellow alla Brookings Institution e curatore della prima “Survey of Brookings experts” sulla crisi dell’euro.

Il voto degli economisti della Brookings Institution, fra cui figurano anche Don Kohn, ex numero due di Bernanke alla Fed e altri grandi esperti internazionali, ai progressi fatti dall’Eurozona dall’inizio della crisi? 45/100.

Le ragioni dell’insufficienza

“L’Eurozona – spiega Lombardi – non ha avuto la sufficienza per la risposta che ha dato a una crisi che minaccia la sostenibilità economica e, con essa, la legittimità politica dell’intero progetto di integrazione europea. Solo a partire dal summit del giugno scorso – osserva – i leader europei hanno formalmente riconosciuto il carattere sistemico della crisi e la necessità, pertanto, di formulare una strategia anch’essa sistemica che coinvolgesse l’Eurozona nel suo complesso in aggiunta agli sforzi dei singoli paesi maggiormente colpiti dalla crisi”.

I nodi sulla Vigilanza bancaria  europea

Il prossimo step per l’area euro? “Innanzitutto vi è il progetto dell’unione bancaria che è stato all’ordine del giorno dell’ultimo summit europeo. Benché esso abbia ricevuto il semaforo verde dai leader europei, esistono molti aspetti ancora da chiarire. Nella migliore delle ipotesi – sottolinea l’esperto – l’unione bancaria potrebbe partire ai primi del 2014. Tale unione è fondamentale per agevolare il ripristino, e persino un rafforzamento, di un mercato unico del risparmio e degli investimenti. Senza di esso, non vi può essere, in pratica, una vera moneta comune”.

Le Landesbanken tedesche e le casse spagnole

Quello della vigilanza bancaria unica riuscirà ad essere un meccanismo davvero incisivo, oppure il limite dei 30 miliardi di asset degli istituti di credito (o di almeno il 20% del Pil del Paese di riferimento) per la vigilanza può rappresentare un problema? “Sono state escluse intenzionalmente quelle banche piccole sì ma maggiormente vulnerabili alle pressioni politiche locali. In Spagna, molti dei problemi del settore finanziario hanno avuto origine nel comparto delle casse, esattamente per le ragioni che ho indicato. In Germania, le Landesbanken non sono molto diverse…”

“La lezione della recente crisi finanziaria internazionale – prosegue – è che l’epicentro di un onda d’urto può manifestarsi in un segmento abbastanza ristretto del settore finanziario e poi ramificarsi a raggiera. E’ quanto accaduto nel caso dei mutui subprime negli Stati Uniti che stavano per innescare una onda d’urto che avrebbe determinato il collasso del sistema finanziario globale in assenza di interventi correttivi e tempestivi formulati sotto la regia del G20”.

Ma ecco i punti deboli. “Sarebbe irrealistico pensare che la Bce possa, nel giro di circa un anno, dotarsi della capacità operativa per vigilare sull’intero sistema bancario dell’Eurozona. Questo, tuttavia, deve rappresentare l’obiettivo verso il quale tendere nel futuro prossimo”.

Il programma Omt della Bce di Draghi

Qual è il giudizio sul governatore della Bce, Mario Draghi, che il Financial Times ha recentemente incoronato “man of the year”? “Come la survey degli esperti della Brookings mette in evidenza, la Bce di Mario Draghi si è distinta per un ruolo maggiormente proattivo nella crisi. La sfida, però, sta nella capacità di tradurre nei fatti l’obiettivo annunciato con l’Omt (Outright Monetary Transactions) di interventi potenzialmente illimitati a favore dei paesi solventi ma in crisi di liquidità”. Inoltre, il programma Omt, “se attivato, prevede la possibilità di acquistare titoli di stato con scadenza sino a tre anni. Questa restrizione potrebbe accorciare la vita media del debito soprattutto per un paese come l’Italia la cui scadenza media è piuttosto elevata, pari a quasi 7 anni”.

Il dibattito sul ruolo delle banche centrali

Ma dopo la svolta annunciata dal governatore della Fed, Ben Bernanke, che intende agganciare la politica monetaria al tasso di disoccupazione nazionale, è l’ambito di azione delle Banche centrali ad essere di nuovo al centro del dibattito economico. “La crisi finanziaria internazionale e le sue ripercussioni ad ampio raggio – evidenzia Lombardi – stanno inducendo un radicale ripensamento delle politiche e del ruolo delle banche centrali che la letteratura economica ante crisi aveva confinato in un ambito ben delimitato. Alla prova dei fatti – prosegue – sono le banche centrali che intervengono a puntellare la stabilità del sistema economico e finanziario, con metodi tradizionali e, sempre più, con operazioni non convenzionali perseguendo obiettivi intermedi che vanno ben al di là di quelli tradizionalmente attribuiti alla loro sfera operativa”.

Per Lombardi “negli Stati Uniti e nel Regno Unito vi è un pubblico dibattito su tutto questo. Nell’Eurozona, la crisi ha distolto apparentemente l’attenzione dall’esigenza di promuovere un analogo dibattito anche perché, nelle attuali circostanze, potrebbe determinare un indebolimento della Bce piuttosto che un suo rafforzamento. Certo è quanto meno singolare che banche centrali sistemiche e meno sistemiche si interroghino sul proprio ruolo e noi ce ne asteniamo…”, conclude l’esperto di Brookings.

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