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La svolta del blogger Sullivan: brand robusto e lettori fedeli per siti non più gratuiti

“Ci siamo resi conto che avere lettori che pagano piccole cifre per leggere certi contenuti è l’unico futuro veramente sicuro per il giornalismo online”. Se a pronunciare questa frase fosse stato uno dei tanti editori di quotidiani e riviste in crisi in giro per il mondo, la cosa sarebbe probabilmente passata inosservata, o al massimo rubricata come ultima mossa disperata di un mondo che fatica a uscire dal tunnel del calo dei lettori cartacei e della pubblicità. Invece a pronunciarla è stato Andrew Sullivan, uno dei più famosi blogger del mondo, il quale ha deciso di lasciare il Daily Beast di Tina Brown (sito web di informazione “gemellato” con Newsweek) e mettersi in proprio.

Inglese che vive in America da circa trent’anni, Sullivan ha aperto il suo blog personale, The Dish, nel 2000. Da allora, grazie soprattutto alle sue prese di posizione sulla politica degli Stati Uniti, è diventato opinionista imprescindibile con circa un milione di visitatori al giorno sul suo sito. Già direttore di New Republic e New York Times Magazine, Sullivan per anni non ha guadagnato nulla dal suo blog, fino a che non è stato ospitato dai siti di testate come Time e Atlantic, prima di cedere all’abbraccio di Tina Brown.

Negli anni ha formato un team di sette persone che aggiornano in continuazione i suoi post, fino a intuire che il 2013 poteva essere l’anno buono per il grande salto. Mercoledì 2 gennaio ha dato l’annuncio che a febbraio il sito andrewsullivan.com sarà accessibile con un abbonamento annuale. Nel giro di poche ore Sullivan ha raccolto già qualche centinaio di migliaia di dollari (gli abbonamenti sono già sottoscrivibili e l’offerta, a partire dalla base di 20 dollari, è libera). Il blogger della Reuters Felix Salmon ha calcolato che per funzionare la redazione di The Dish avrà bisogno di circa 750.000 dollari l’anno. La sfida è affascinante e rischiosa, con un ulteriore azzardo che però piacerà ai lettori: niente pubblicità sul sito. Dunque niente introiti ma anche niente schiavitù da numero di clic, e niente editore. Solo lui, la sua redazione e il pubblico pagante. Non c’è nel mondo delle news un altro esperimento simile e il tentativo è interessante, perché vuole provare che un brand dotato di carisma, autorevolezza e lettori fedeli può camminare sulle sue gambe nel mercato.

(versione breve di un’analisi più ampia che si può leggere qui)

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