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Ora pure le banche tedesche iniziano a tagliare posti e sportelli. Il caso Commerzbank

Tagli su tagli in arrivo con la crisi. Anche per le banche. E non solo in Italia. Commerzbank, la seconda banca tedesca, taglierà dai 4mila ai 6mila posti di lavoro a tempo pieno da qui al 2016, nell’ambito del piano di risparmi deciso a novembre. Lo ha indicato un portavoce del gruppo, senza indicare dove. La cifra esatta sarà decisa nel corso dei negoziati con i dipendenti, che inizieranno a febbraio. Il gruppo a fine 2011 contava 58mila dipendenti di cui 44.500 in Germania.

Ma la banca tedesca non è l’unica a procedere in questo senso. La capacità produttiva in eccesso e il non aver sfruttato le potenzialità derivanti dall’informatica hanno contribuito ad aumentare la fragilità nel settore. Il perché lo spiega l’Abi nel “Rapporto 2012 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria”, che prende in considerazione le banche italiane ed europee.

“In buona parte dei Pesi europei vi è una capacità eccedentaria nella distribuzione dei servizi bancari. Questo eccesso di capacità – si legge – ha origini parzialmente diverse in ciascun Paese, ma anche un duplice fattore comune: l’enorme sviluppo della domanda di prodotti e servizi finanziari da parte delle famiglie e delle piccole imprese, che si è verificato a partire dagli anni Novanta, ha indotto buona parte delle banche europee a non cogliere appieno, e a volte a non cogliere tout court, le possibilità di riduzione dei costi di distribuzione che venivano offerte dalla tecnologia. In secondo luogo, la riduzione della domanda di questi prodotti e servizi è stata netta, e non pare ragionevole attendersi che essa riguadagni i livelli pre-crisi. La capacità è dunque oggi eccedentaria. E lo è ancora di più in un’ottica strategica”.

La reazione degli istituti di credito? “Nel 2012 le banche europee hanno cominciato ad affrontare con decisione questo problema, traendone le conseguenze in termini di estensione delle reti, di disegno degli sportelli, del loro funzionamento, del volume e delle caratteristiche del personale che si rivela in questo quadro necessario”.

Le banche spagnole e britanniche
In linea generale, “non vi è dubbio che le grandi banche spagnole e britanniche abbiano perseguito con successo nell’ultimo decennio l’eccellenza nelle attività distributive: esse hanno per prime centralizzato i back office, ricorrendo frequentemente a un outsourcing su scala globale di servizi o fasi di servizi. Hanno inoltre perseguito varie strategie di distribuzione low cost, spingendo da un lato la clientela a utilizzare piattaforme telefoniche o Internet, e dall’altro separando nettamente nelle filiali le attività di front office, semplificate, e in grado di essere svolte da manodopera poco qualificata, da quelle di vendita di prodotti e servizi finanziari”, prosegue il rapporto.

La situazione francese e tedesca
Per contro, certamente in misura diversa, le banche tedesche, francesi e naturalmente italiane, hanno capacità in eccesso, e nel contempo, un rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione che non consente la produzione di un reddito sufficiente a coprire gli accantonamenti a fronte di un attivo più rischioso, e a incrementare le risorse patrimoniali nella misura resa necessaria dal quadro economico e dalle forti pressione regolamentari.

La strada obbligata per gli istituti italiani
Le banche italiane devono perseguire la strada di un ridimensionamento incisivo della capacità produttiva eccedentaria: “in assenza di tali interventi, permarranno nel sistema fragilità reddituali che difficilmente consentiranno di ricostruire un sistema bancario nazionale sano, redditivo, in grado di generare concrete occasioni di impiego e di sviluppo di carriera per i giovani italiani”.

Le banche di media dimensione dovranno quindi ricercare “un’ottimizzazione della loro scala produttiva e distributiva, o almeno della scala di alcune fasi del proprio ciclo produttivo”.

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