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Cari inglesi, non staccatevi dall’Europa. Parla Frattini

Franco Frattini è fiducioso. Crede che David Cameron saprà spiegare agli inglesi i benefici e le opportunità di fare parte di quella forza politica, economica e cultura che è l’Unione europea, crede nell’impegno della leadership europea per rafforzare l’integrazione e, soprattutto, crede nel buon senso dei popoli.

In un’intervista con Formiche.net, l’ex ministro degli Esteri e attuale presidente della Fondazione De Gasperi oltre che responsabile del gruppo di esperti del Ppe sulla politica estera, avverte sui rischi che comporterebbe, sia per l’Europa che per la Gran Bretagna, un’eventuale separazione. Frattini parla anche dell’intervento militare in Mali, dell’allarme terrorismo in Occidente, del futuro dei due marò detenuti in India e, infine, della sua candidatura alla Nato.

L’annuncio di Cameron ieri sul referendum con cui la Gran Bretagna deciderà se restare o meno in Europa evidenza una divisione culturale con altri Paesi, come ad esempio la Germania? E crede che il premier spiegherà agli inglesi la convenienza di rimanere dentro l’Ue?

Il discorso di Cameron è stato molto chiaro: tutto o niente. Sono fiducioso che il premier riuscirà a fare capire che restare dentro l’Europa comporta dei vantaggi e delle opportunità. Ma è altrettanto importante che si capisca che è ‘dentro o fuori’, si prende tutto o niente. Non si può pensare che si rimane dentro il mercato unico ma ci si butta fuori da altri impegni. La Gran Bretagna deve riflettere bene sulla questione perché uscire dall’Europa comporterebbe creare barriere doganali e commerciali che la faranno rimanere isolata.

Restiamo in tema di scissioni, reali o potenziali. Nel caso di regioni come la Catalogna e la Scozia, cosa comporta il rischio di secessione?
Questi casi europei sono analogamente gravi perché sfasciano il senso dell’Europa e la indeboliscono in materia economica, sociale e di sicurezza. Sono sintomatici e potrebbero creare una tendenza centrifuga pericolosa. Se la Scozia o la Catalogna riuscissero a portare avanti il discorso della secessione l’effetto sarebbe moltiplicatore e il futuro dell’Europa sarebbe rincorrerli. Mi auguro però che i popoli sappiano non lasciarsi conquistare da discorsi populisti.

 In questo caso, cosa potrebbero fare i leader europei per favorire una necessaria integrazione?

Senza dubbio spiegare meglio all’opinione pubblica che essere parte dell’Europa è un’opportunità e non uno svantaggio. Che non dobbiamo tornare indietro sui passi avanti che sono stati fatti nella storia. I leader devono rivolgersi alla serietà, non alla pancia dei cittadini europei.

Come ex ministro degli Esteri, cosa pensa della partecipazione italiana nell’intervento militare in Mali? È necessario?
È un dovere dell’Italia essere presenti con l’impegno di addestramento e logistico per due motivi. Il primo è che se in Mali si crea uno Stato gestito dai terroristi, l’Algeria e la Libia sarebbero contagiati subito e lì sono presenti cittadini e aziende italiani. Non vorrei vedere un sequestro come quello accaduto nell’impianto Bp in una delle nostre aziende con ostaggi italiani. Dobbiamo contribuire a combattere uno Stato canaglia in Mali anche per la stabilità dei Paesi vicini. Il secondo motivo è che siamo membri dell’Europa e la difesa e solidarietà deve essere congiunta. Non possiamo lasciare da sola la Francia in Mali.

Quindi è reale l’allarme terrorismo che si è riacceso in Europa?
Il terrorismo ha un obbiettivo preciso ed è quello del califfato globale, con propositi dittatoriali e totalitari per colpire l’Occidente. In più, siamo troppo vicini al Sahara…

La partecipazione dell’Italia, però, sarà minima: da 15 a 24 istruttori dei 250 della missione europea e tre aerei. Può bastare o pensa che in futuro sarà incrementato?

È limitato ma non credo che debba aumentare.

Che opinione ha sulla vicenda degli F35 innescata dalle dichiarazioni di Bersani? È possibile tornare indietro?
Non ho elementi su quanto costano e come funziona l’acquisto. Se si trattasse semplicemente della sostituzione della flotta aerea sarebbe più facile. Mi faccio solo una domanda per la quale non ho risposta: se si bloccasse l’accordo, quanti posti di lavoro sarebbero perduti, quante famiglie italiane verrebbero colpite? Perché questi aerei vengono assemblati in Italia. Credo che bisognerebbe sapere queste cifre prima di chiedere la chiusura dello stabilimento.

Sul caso dei due marò che sono detenuti in India, cosa consiglierebbe a questo governo, o quello che verrà, per la soluzione del conflitto? È ottimista? Pensa che torneranno in Italia o alla fine resteranno lì?
Sul caso dei marò è stata tesa una trappola nella quale siamo caduti: quella nave non doveva entrare in territorio indiano. L’errore è stato fatto all’inizio e prima o poi arriverà il momento che qualcuno dovrà dare spiegazione di quanto è accaduto. Ma adesso non resta altro che aspettare la decisione del tribunale. L’India è uno Stato diritto e il diritto è dalla nostra parte. Credo che la decisione sarà presa a favore ma la domanda è tra quanto.

Per ultimo, ci sono novità sulla sua candidatura alla Nato?
La mia è stata una proposta promossa dal premier Mario Monti e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Mi auguro che sia confermata, giacché ho ottenuto un sostegno bipartisan, ma non si può anticipare nulla.

Ma lei è ottimista…
Quando si tratta di una decisione che chiede un grande negoziato internazionale non si può dire siamo ottimisti ma soltanto ‘attendiamo’”.

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