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Japan First. La politica di Abe irrita Usa e Ue ma per Krugman è ok

Perché lamentarsi? E da che pulpito viene la predica? Peccato se l’obiettivo e la strategia del Giappone stavolta non siano sovrapponibili con quelli europei  anzi, siano l’esatto opposto. L’obiettivo di Tokyo ora è solo uno: combattere la deflazione per salvarsi dalla crisi. La svalutazione dello yen sembra essere un buon compromesso e le preoccupazioni dei leader occidentali, specialmente della cancelliera tedesca Angela Merkel, in merito alla manipolazione dei cambi per le pressioni del governo di Shinzo Abe sulla Bank of Japan, Tokyo le rispedisce ai mittenti.

Il ministro delle Finanze nipponico, Taro Aso, oggi ha contrattaccato: “Nessuno ha detto nulla quando dollaro ed euro sono stati spinti verso il basso: non ha senso per Usa ed Europa – ha detto Aso – lamentarsi quando le rispettive monete hanno recuperato solo 10 o 15 yen” contro la divisa nipponica. La priorità “è tirar fuori l’economia alla spirale deflazionistica”.

Le previsioni per il Pil nel 2013

E la linea dura sulla politica monetaria va di pari passo con le revisioni degli indicatori macroeconomici del Paese. Il governo giapponese ha rivisto in rialzo le stime di crescita del Pil nell’esercizio a fine marzo 2014 al 2,5% da un precedente +1,7%. Nell’esercizio a fine marzo 2013 è previsto un aumento dell’1% del Pil, dopo essere salito dello 0,3% nel precedente. A sostenere l’espansione dell’economia è il miglioramento della domanda interna a seguito del massiccio piano di rilancio previsto dal nuovo Governo guidato dal premier Shinzo Abe.

I nuovi obiettivi antideflazione e i dati sulla produzione industriale

Anche le recenti decisioni della Banca del Giappone (BoJ) in direzione di una politica monetaria più accomodante con un target di inflazione al 2% sono considerate un sostegno per la congiuntura del Paese. Il governo ha anche rilevato che “il rialzo eccessivo dello yen si sta correggendo”, il che ha effetti positivi sulle imprese che fanno affari con l’estero. L’Ufficio dell’esecutivo nipponico ha anche stimato un aumento dello 0,5% dei prezzi al consumo nel 2013/2014 rispetto a una flessione dello 0,1% sia nell’esercizio a fine marzo 2013 sia in quello a fine marzo 2012. Il tasso di disoccupazione è previsto al 3,9% nel 2013/2014 dal 4,2% nel 2012/2013 e la produzione industriale rispettivamente a +3,4% dopo un -2,9%.

Il contrasto con le politiche d’ortodossia rigorista

Ma sul fronte macroeconomico a medio termine “sta succedendo qualcosa di molto strano. Negli ultimi tre anni – spiega Krugman sul suo blog – le politiche macroeconomiche in tutti i Paesi sviluppati sono state dominate dall’ortodossia rigorista: anche quando non ci sono state misure di austerity esplicite, come in America, la paura dei deficit ha condotto di fatto a una stretta della spesa pubblica, mentre le misure monetarie adottate non hanno avuto quell’ampiezza che secondo l’analisi teorica consentirebbe di mutare le aspettative e costituirebbe un elemento fondamentale degli sforzi per uscire da una trappola della liquidità”.

Passi indietro per la Fed di Bernanke?

La Fed statunitense di Ben Bernanke non ha lasciato adito a dubbi su quali siano i suoi piani per i prossimi mesi. Un impegno, quello di sostenere la debole economia con i programmi di acquisto titoli, che sarà confermato mercoledì prossimo, al termine della riunione. “Ma – riporta il New York Times – all’interno della Fed il dibattito inizia a cambiare rotta, spostandosi da se la Fed deve fare di più per stimolare l’economia a quando dovrà iniziare a fare meno“.

La prossima settimana sono attesi dati importanti per valutare lo stato di salute dell’economia americana: verrà diffusa infatti la stima sul Pil ma anche la disoccupazione, il parametro tenuto strettamente sotto osservazione dalla banca centrale. Gli analisti stimano che l’economia americana abbia creato 160.000 posti di lavoro in gennaio, con un tasso di disoccupazione fermo al 7,8%. La Fed ha assicurato in dicembre che manterrà i tassi fino a che il tasso di disoccupazione non scenderà al 6,5%

Il commento del Nobel Paul Krugman

Numeri da capogiro per le economie occidentali, strette tra una stabilità dei prezzi asfittica e tassi di disoccupazione sempre in crescendo. Il Giappone è tornato a essere il Paese del futuro? La risposta è negativa secondo il premio Nobel alll’economia statunitense Paul Krugman, “se non altro per questioni demografiche: il Paese del Sol Levante combina un basso tasso di natalità con una profonda avversione culturale all’immigrazione, e pertanto il ruolo futuro del Giappone sarà fortemente limitato dalla carenza di giapponesi”.

L’antieroe Abe
Come dice Noah Smith, blogger ed editorialista per The Atlantic, “Abe non è certo il prototipo dell’eroe economico: è un nazionalista, un negazionista che contesta la veridicità delle atrocità commesse dal Giappone durante la seconda guerra mondiale, uno che ha palesemente uno scarso interesse per le politiche economiche. Se ha scelto di sfidare l’ortodossia – prosegue – probabilmente è più per disprezzo verso le opinioni degli addetti ai lavori che per una ragionata adesione alle teorie eterodosse. Ma forse non ha importanza”.

Secondo il premio Nobel “sarebbe un paradosso amaro se un politico poco raccomandabile, per i motivi più sbagliati di questo mondo, finisse per fare la cosa giusta, economicamente, mentre tutti i politici per bene non riescono a farla perché sono troppo determinati a fare… i politici per bene.
Ma è la stessa cosa che successe negli anni 30”, conclude.

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