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Il Vaticano si leva un sassolino (e lo lancia a Bankitalia…)

Il perdono è la prima regola del buon cristiano, ma sui contrasti con Bankitalia la Santa Sede fa storia a parte. Difficile accettare senza colpo ferire il blocco dei pagamenti Pos e tramite carta di credito in Vaticano, in vigore dal primo gennaio per decisione della Banca d’Italia, che fa perdere a Vaticano oltre trentamila euro al giorno.

Lo stop ai pagamenti in questione è stato deciso per via di un “problema tecnico” riguardante in particolare il fornitore del servizio, la filiale italiana della Deutsche Bank, che operava senza la necessaria autorizzazione.

Ma il settimanale Famiglia Cristiana, con un articolo di Francesco Anfossi, parte al contrattacco. Quello di Bankitalia? “Un provvedimento drastico giustificato dal fatto che (il Vaticano) ‘non avrebbe una legislazione bancaria adeguata’, fanno sapere da Palazzo Koch. Ma adeguata a che cosa? La tesi, infatti, è quanto meno discutibile – scrive Anfossi – poiché la nuova Legge 127 sulla trasparenza varata nel 2011 (culmine di una serie di iniziative sulla trasparenza in atto da vent’anni a questa parte) rende la Santa Sede in tutto e per tutto conforme alle regole internazionali, come ha recentemente confermato Moneyval, l’organo del Consiglio d’Europa che si occupa della valutazione dei sistemi antiriciclaggio”.

Ma i problemi non nascono il primo gennaio. “L’impressione – prosegue il settimanale dei Paolini – è che Via Nazionale si comporti nei confronti del Vaticano come se rientrasse nella sua sfera di influenza, rimanesse aperta al questione romana, non esistessero due Concordati e la Sede Apostolica dovesse comportarsi non come uno Stato sovrano dotato di quell’immunità necessaria a garantire la libertà del Papa, ma una succursale del Tesoro”.

Facile mettere il dito nella piaga di Via Nazionale dopo lo scandalo Mps. “Del resto, le pressioni di Bankitalia nei confronti delle istituzioni finanziarie vaticane sono di antica data, comprese le richieste di filiali dello Ior in Italia, che finirebbero per assoggettarlo al regime fiscale italiano, antica ambizione delle grisaglie di Via Nazionale. Non sarebbe meglio che fossero meno inflessibili coi bancomat vaticani e più attenti ai titoli tossici delle banche italiane?”, conclude Anfossi.

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