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Su Mps Monti parli chiaro. Oppure taccia

“Teniamo i partiti lontani dalle banche”.
Chi l’ha detto?
Beppe Grillo? Sbagliato?
Antonio Ingroia? Errato.
L’ha detto, invece, il presidente del Consiglio in carica che è stato sostenuto nel suo incarico non da alieni sbarcati in Parlamento ma da partiti.

Certo, Mario Monti è un premier tecnico. Ed è vero, come ha aggiunto, che ha vietato “le presenze incrociate nei cda di banche e compagnie assicurative concorrenti”. Poi ha però chiosato: è stato “un passo concreto per arginare la commistione politica-finanza, che ho già definito una brutta bestia”. Quindi lo slogan: “Teniamo i partiti lontani dalle banche”.

Probabilmente è un auto consiglio visto che nella Lista Monti c’è un esponente del mondo creditizio senese: Alfredo Monaci.
In verità, un candidato premier dell’autorevolezza di Monti non dovrebbe scadere in slogan alla Beppe Grillo, che spesso li integra con dettagli a volte acuti.

E’ comprensibile il tentativo di rosicchiare consensi a destra e a manca per salire la china dopo essere salito in politica. Ma utilizzare il caso Mps per attacchi all’istituto senese e al Pd (attacchi di cui neppure Silvio Berlusconi si è reso autore) dovrebbe far riflettere l’economista bocconiano che sta scadendo appunto in un eccessivo politicismo elettoralistico.

Lo slogan coniato a poco meno di un mese dal voto cozza, inoltre, con l’azione e il pensiero del Monti premier. Il quale, sulla scia delle maggiori istituzioni dal Paese a partire dalla Banca d’Italia, non ha proferito parole di critica per l’azione stabilizzatrice delle fondazioni bancarie nel sistema creditizio italiano; un’azione lodata più volte dai governatori della Banca d’Italia, i quali per di più hanno invitato le fondazioni a partecipare agli aumenti di capitale delle banche partecipate e quindi a non diluirsi.

Così come da premier Monti non ha avuto mai rilievi da avanzare alla presenza e al ruolo delle fondazioni bancarie azioniste con il 30 per cento della Cassa depositi e prestiti controllata dal Tesoro.

Piuttosto Monti aveva l’occasione di porre a base della sua azione governativa il pensiero oggi esternato: da ministro dell’Economia ad interim non ha avuto nulla da eccepire sullo statuto della Fondazione Mps, palesemente illegittimo rispetto alle leggi come ammesso da Giuseppe Guzzetti. Eppure spetta al Tesoro la vigilanza sulle fondazioni bancarie.

Ma la frase odierna di Monti cela un aspetto ancor più deteriore, per certi aspetti: cercare di addossare ai partiti (ovvero al Pd di Bersani) una storia di derivati, di finanza creativa e distruttiva e di Fresh colpevolmente incomprensibili pure al passato vertice di Mps, come candidamente e sorprendentemente ammesso in questi giorni sia dall’ex presidente Giuseppe Mussari che dall’ex direttore generale Antonio Vigni.

Se Monti sa di responsabilità personali o politiche di un partito o di un leader, lo dica chiaramente e lo denunci come prevede la legge.

Salvate il bocconiano Monti dal candidato premier Monti.

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