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Ilva: ricapitalizzare all’indiana o nazionalizzare all’americana?

L’Ilva pagherà agli operai di Taranto gli stipendi di gennaio. Il presidente dell`Ilva, Bruno Ferrante, al termine della riunione di ieri con il governo a Palazzo Chigi, un incontro definito “proficuo”, ha sottolineato di lavorare “ad un piano di sostenibilità finanziaria che ci consenta di attuare gli interventi per l’autorizzazione integrata ambientale, considerando anche la ricapitalizzazione della società, disponibili a valutare l`ingresso di nuovi soggetti”.

Chi è interessato all’Ilva

I possibili nuovi soci? Secondo il Sole 24 Ore “si parla di una possibile pista indiana. Nei mesi scorsi era trapelata la voce dell’interesse del colosso indiano Tata steel con sede a Mumbai. Ma si fa anche il nome di un altro big indiano, l’Essar steel, che tra l’altro in passato – a metà anni Novanta – aveva in possesso proprio delle quote dell’Ilva che poi erano state acquistate da Riva”.

Ipotesi nazionalizzazione: la proposta di Cipolletta

L’ipotesi di una nazionalizzazione temporanea dell’Ilva di Taranto torna nel dibattito. Avendo anche come esempio quella dell’industria automobilistica decisa negli Usa dal presidente Barack Obama.

“In queste condizioni occorre un passo più deciso – ha scritto l’economista e manager Innocenzo Cipolletta sul numero da oggi in edicola del settimanale l’Espresso – Lo Stato deve intervenire sostituendosi temporaneamente alla proprietà privata per avviare un’operazione di risanamento e di rilancio salvaguardando la salute degli abitanti”.

Non si tratta di nazionalizzare un’impresa perché strategica, “ma di sottrarla temporaneamente a una proprietà che è sotto accusa della magistratura e non può avere la lucidità per gestire una fase così complessa mentre deve difendersi da accuse pesanti. Poi, una volta risolti i problemi più rilevanti, potrà essere rimessa sul mercato, tenendo conto degli esiti giudiziari. Occorre un intervento temporaneo, com’è stato il caso delle industrie automobilistiche in Usa da parte del presidente”.

La proposta di Nichi Vendola

La proposta di Cipolletta sembra procedere in questo senso in parallelo con quella del leader di Sel, Nichi Vendola “Bisogna discutere laicamente di questa ipotesi, del resto anche Hollande ha ipotizzato la nazionalizzazione di una grande acciaieria francese. Dal governo mi aspetto una proposta chiara, che non appaia né come un de profundis per una fabbrica che invece va salvata e neppure come uno scaricabarile: per anni come Regione siamo stati lasciati soli a scoperchiare una realtà come l’Ilva che per decenni era stata coperta da omertà anche istituzionali”.

Il piano Landini

Stessa linea per il segretario della Fiom, Maurizio Landini, secondo cui “è evidente che l’ambientalizzazione va fatta e va fatta subito. Che l’azienda da sola non ce la fa. E che lo Stato non può stare a guardare la morte lenta e progressiva dell’Ilva. Quindi sì, per un periodo bisognerebbe valutare la possibilità di trovare una forma di partecipazione dello Stato nell’Ilva, temporanea, intesa come soluzione di passaggio che ci porti fuori dall’emergenza”.

I dettagli dell’idea di Cipolletta

D’altra parte, prosegue sull’Espresso Cipolletta, “come la magistratura ha sequestrato la produzione, così lo Stato dovrebbe sequestrare l’azienda per un periodo limitato di tempo al fine di consentirle di avviare le bonifiche e di utilizzare i proventi della produzione (anch’essa sequestrata) per pagare i salari e non perdere le commesse”. Si potrebbero inoltre immaginare “soluzioni temporanee per allontanare momentaneamente le persone più a rischio per le emissioni, fintanto che l’abbattimento dell’inquinamento non sia assicurato. Si tratta d’interventi estremi ma necessari se la salute delle persone è a rischio. Interventi che si possono fare solo se è lo Stato a garantire l’operazione.

Il super commissario secondo Cipolletta

Ma chi potrebbe condurre un’operazione simile? “Occorrono anche manager capaci di rapidi interventi – osserva Cipolletta -. Questo governo aveva individuato in Enrico Bondi l’uomo della spending review a cui affidare il compito di tagliare la spesa pubblica. La sua fama deriva dalla sua storia di manager rafforzata dall’impegno messo per risanare Parmalat. Poi il commissario alla spesa pubblica è stato dirottato a un compito di partito: a verifica della reputazione dei candidati al Parlamento della lista Scelta Civica di Mario Monti. Forse sarebbe il caso di dirottare lui o un’altra persona a cercare di risolvere il problema dell’Italia che rischia di penalizzare una città, una regione e tutta l’Italia, per i suoi riflessi sul sistema economico e sociale del Paese”, conclude l’economista.

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