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Il monito indiretto di Ratzinger ai politici

Che Papa Ratzinger si volesse (o dovesse) dimettere erano in molti, e non da ieri, a sostenerlo. Formiche l’ha sottolineato già con uno speciale, intitolato “Nel mirino”. Era dicembre 2010, e l’intreccio di scandali di varia natura che circondavano l’ambiente vaticano si era ingarbugliato a tal punto da fare apparire quella scelta come molto probabile. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti sul Tevere.

Qualche inondazione rischiata, ma per fortuna evitata. E ora questa notizia che giunge come un fulmine a ciel sereno. Uno vero e proprio shock.

La prima impressione è di un magistero che lascerà il segno, e che anche in questa decisione avrà il crisma di una personalità forte e grande, che ingiustamente è stata vissuta e propagandata da alcuni come contrapposta al magistero di Papa Wojtyla. E invece Benedetto XVI ha sempre sostenuto la continuità spirituale e anche, in un certo senso, mediatica e comunicativa con il suo popolarissimo predecessore.

Lo shock è grande. La politica è e sarà costretta, a tutti i livelli, a interrogarsi sulle profondità che questo pontefice ha attraversato, e che invece, soprattutto in Italia, vengono raramente sfiorate.

Globalizzazione, tecnica e spaesamento, mercato e diritti, dialogo e identità: le categorie fondanti della tradizione filosofica europea di cui Benedetto XVI è stato interprete cattolico di primo livello, senza temere il confronto con lo stesso nichilismo, sono lontane anni luce da un dibattito che riflette, come uno specchio lontano e deformato, divisioni ottocentesche, post risorigmentali, tra “laici” e “clericali”, come se fossimo ai temi di Depretis, come se in mezzo non ci fossero stati nazismo e fascismo, con le loro connivenze interne allo stesso mondo “liberale”.

Dopodomani è mercoledì delle ceneri. In Germania, la patria di Benedetto XVI, è l’occasione per interrogarsi, un momento pubblico in cui gli stessi partiti fanno autocritica, discutono dei loro errori e delle loro mancanze. Qui, invece, prosegue la corsa al voto, che a volte ha tratti sguaiati. Sarà invece il caso di interrogarsi anche qui da noi, dove le dimissioni sono vissute come “sconfitta”, su questo gesto e su cosa voglia dire per l’Europa attraversata da fremiti pericolosi, che dovranno ancora trovare nel Soglio un argine, preziosissimo, contro i messianismi antieuropei.

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