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Perché Grillo ha detto no a Sky

Dietro il rifiuto di Beppe Grillo di sottoporsi all’intervista di SkyTg24 a margine del suo comizio a Genova, ieri, a una settimana esatta dal voto, sta qualcosa di più raffinato della volontà di sottrarsi alle domande dell’intervistatore, o del gusto del coup de théâtre, che alcuni commentatori hanno attribuito al leader del MoVimento 5 Stelle. Con questa mossa, la vocazione antipolitica di Grillo non solo conferma, ma radicalizza, se possibile, la sua sponda antitelevisiva.

Che la politica tradizionale e i media generalisti seguano stili di comportamento assai simili non è una novità assoluta. Trova una conferma eclatante nei Referendum sui beni comuni del 2011, in occasione dei quali si è delineata con estrema chiarezza la contrapposizione tra televisione e Rete. La prima, facendo eco al silenzio dei partiti, ha dato per scontato che il quorum non sarebbe stato raggiunto, ignorando la possibilità stessa che dalle urne potesse venire un chiaro segno per la politica italiana; la seconda ha riconosciuto nei quesiti referendari quattro questioni in grado di schierare culturalmente il Paese, e ha espresso al meglio la sua funzione, seppur stagionale, di traino, elemento di motivazione e di spinta al voto.

Inserendosi in questo dualismo, e radicalizzandone le conseguenze, Grillo ha saputo costruirsi una onorabilità per contrasto, tanto verso le forze politiche quanto verso i media generalisti, con i quali può vantare una celebrata estraneità. Ma se nei confronti della politica tale scelta si inserisce appieno nella più tradizionale formula antipolitica, l’esibizione di una castità televisiva rappresenta per il comico genovese un vantaggio competitivo inestimabile. Perché il rifiuto del teatrino rende più consapevole e completo il suo dimostrarsi lontano dalla politica. Ma soprattutto perché sembra una scelta priva di conseguenze negative.

Da un lato, la televisione non ha mai smesso, né smetterà mai, di seguire e per certi versi costruire il successo di Grillo e del suo movimento: facendo dell’antipolitica il tema ossessivo dei suoi talk e dei suoi programmi d’inchiesta, per tutto il 2012 ha accompagnato e al tempo stesso alimentato i pronostici trionfali a cui sembrava avviarsi il M5S. Dall’altro, anche quando la politica ha provveduto a riorganizzare drasticamente la propria rappresentazione pubblica, la forza dell’antipolitica si è ridimensionata e la tematizzazione si è spostata verso nuovi claim, la copertura televisiva ha continuato a favorire Grillo. Mentre gli altri leader in corsa sono stati impegnati in una campagna fuori e dentro la tv, adattando le proprie performance al contatto diretto con i cittadini e al palcoscenico dei talk, Grillo ha potuto concentrare tutta la propria attenzione sulle piazze e sul web, consapevole del fatto che ogni sua esternazione degna di nota sarebbe prontamente stata amplificata e veicolata (senza contraddittorio) dalla televisione. Per considerare solo i leader “maggiori”, mentre Silvio Berlusconi si è prodigato nella sua strategia di occupazione di ogni possibile spazio televisivo, dentro e fuori dalla par condicio, mentre Pierluigi Bersani ha dosato con parsimonia forse eccessiva le sue presenze, e cercato al tempo stesso di rifuggire la spettacolarizzazione del suo personaggio e di “giocare di sponda” su personaggi più televisivi di lui (come Matteo Renzi e Nichi Vendola), mentre Mario Monti ha sposato le logiche della politica spettacolo smettendo il loden e adottando un cagnolino in diretta tv, Grillo non ha, televisivamente, fatto nulla. Ma è stato più che presente.

Ieri sera stessa, mentre Fabio Vitale di SkyTg24 costeggiava impotente la folla accorsa al suo comizio, nell’estremo tentativo di strappargli una battuta, e la redazione dell’emittente All News twittava le domande che il giornalista avrebbe voluto porre al comico, Grillo poteva concentrarsi sulla sua performance di piazza, ben sapendo che le scalette di In Onda e Ballarò non avrebbero potuto prescindere dalla sua presenza, e che fior di editorialisti si sarebbero spesi in argute spiegazioni del suo “gran rifiuto”.

Mario Morcellini e Christian Ruggiero
Osservatorio Mediamonitor Politica
Dipartimenti di Comunicazione e Ricerca Sociale
Università della Sapienza di Roma

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