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Gramsci e Togliatti: ‘Basta spy story e detective quaderno’

E poi basta con certe spy story colme di congetture e con detective in cerca di un quaderno che sarebbe sparito: Antonio Gramsci sta alla storia del movimento comunista, come il movimento comunista sta alla storia umana e politica di Gramsci, proposta e diffusa grazie a Togliatti. Per cui c’e’ una linea di continuita’ nella diversita’ tra Gramsci, Togliatti e la scelta del Pci post-Liberazione della ‘via italiana al socialismo’. E’ questa, piu’ o meno, la sintesi del dibattito, presenti piu’ addetti ai lavori che pubblico, sulla nuova edizione, ‘Gramsci conteso. Interpretazioni, dibattiti e polemiche 1922-2012’, (Editori Riuniti) dello storico Guido Liguori, nel salone dell’austera sede della Fondazione Istituto Gramsci, presieduta da Giuseppe Vacca. Non e’ sfuggito un dato: questa iniziativa cadeva a due giorni dalla presentazione alla libreria Arion del libro di Carmine Donzelli ‘Il Moderno Principe. Il partito e la lotta per l’egemonia’ (Donzelli editore), davanti a un centinaio di persone, “un pubblico paziente, attento, preparato, appassionato”. E li’ si e’ parlato inevitabilmente del libro di Franco Lo Piparo ‘L’Enigma del quaderno. La caccia ai manoscritti di Gramsci’ edito un anno dopo ‘I due carceri di Gramsci‘, entrambi con Donzelli. E’ cosi’ tornata d’attualita’ la questione gramsciana che va avanti ad intervalli dagli anni ’60, ma che oggi mette in discussione il ruolo avuto da Palmiro Togliatti nella diffusione e quindi nella conoscenza corretta degli scritti e del pensiero di Gramsci. Liguori nel ricostruire le tappe di questa contesa storico-culturale ha fatto riferimento al “persistere della pretesa, da parte della cultura azionista, di riscrevere, secondo una sua interpretazione, la storia del Pci e dei comunisti italiani che stanno dentro quel patrimonio ideale su cui e’ nata la Costituzione”. Protagonista di questa operazione di ‘riscrittura’ della storia del Pci fu Noberto Bobbio che nei Saggi su Gramsci metteva a fuoco dell’intellettuale sardo la vivacità degli interessi culturali, l’esigenza di capire le ragioni dell’avversario, le sfumature e le incrinature del suo marxismo-leninismo. Per Bobbio, Gramsci ne uscirebbe sminuito se si cercasse in lui la ortodossia marxista-leninista, il seguace più che il pensatore. Bobbio dice apertamente di essersi interessato al Gramsci dei Quaderni: “le mie analisi si riferiscono quasi esclusivamente agli scritti del carcere”, astenendosi dal “fare dell’opera di Gramsci uno strumento di giudizio e di battaglia pro o contro il comunismo storico”. Ma il metodo di Bobbio non piacque e non piace perche’ l’opera del Gramsci, storico e critico della società contemporanea, non puo’ essere esplorata mettendo tra parentesi il marxismo e il leninismo di un uomo ferramente e integralmente impegnato nella lotta ideologica e nella prassi politica. Insomma, non c’e’ spazio per un Gramsci ‘liberaldemocratico’. “Gramsci e’ e resta un comunista a tutto tondo”, spiegano all’unisono Vacca Liguori. “Piu’ che fare i detective in cerca di un quaderno che sarebbe sparito”, come sostiene Lo Piparo in ‘L’Enigma del quaderno’, bisognerebbe, chiosa Liguori, “riflettere piu’ a fondo, studiare meglio il lascito gramsciano per obiettivi piu’ alti e seri, che non la sostanziale di riscrittura della storia del Pci”. Tra Gramsci e Togliatti c’e’ una sostanziale divergenza su una questione non secondaria: la religione e il rapporto tra politica e religione. Gramsci defini’ i Patti Lateranensi del ’29 tra Mussolini e la Chiesa “la capitolazione” dello Stato davanti alla Chiesa mentre Togliatti con il voto favorevole all’art.7 acconsenti’ a inserirli nella Costituzione. “Erano passati anni dal ’29, erano cambiate le situazioni: Togliatti tradusse per i tempi e le esigenze [le affermazioni di Gramsci] e tradurre vuol dire riformularne il senso in presenza di tempi e di esigenze mutate”. Cio’ che non va messo in discussione e’ – tanto per Liguori quanto per Vacca – il ruolo e la figura di Togliatti: come dire, su Gramsci si discuta pure, ma Palmiro Togliatti e la storia del Pci del dopoguerra non sono emendabili, e soprattutto la ‘strategia togliattiana’, ossia l’adattamento (come il catto-comunismo e il compromesso storico) alle esigenze, alle alleanze e ai tempi, a prescindere dall’ideale ‘comunista’, non si tocca.

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