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Caro Oscar, resetta Giannino

Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Riccardo Ruggeri, saggista, editore ed ex top manager del gruppo Fiat, apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Prima di parlare del caso Giannino una premessa personale. Nel mondo del Web, di Facebook, di Twitter occorre essere molto documentati sul nostro passato prima di parlare e di scrivere. Poiché io eccedo, non nel parlare, ma nello scrivere, per di più in modo troppo indipendente, anticipo un “outing” (è più fine che confessare).

Ho fatto ricerche nel mio archivio e l’unico documento certo è del ’46, la mia licenza elementare dai Fratelli delle Scuole Cristiane, in via delle Rosine a Torino, poi più nulla fino al ’96, quando la Loyola University di Chicago (il professor Zingales controlli pure) mi ha dato la laurea Honoris Causa in Laws (è proprio al plurale, pare che valga di più). Prego la Rete di prendere atto che per 50 anni della mia vita non ho documentazione acconcia. Se mi chiederanno: “titolo di studio?” Risponderò, umile: “licenza elementare”. Però non millanto nulla, vieterò al mio barbiere di chiamarmi dottore, al posteggiatore di chiamarmi ingegnere, al pizzicagnolo avvocato.

Conosco Oscar Giannino da quando aveva venticinque anni, bazzicava il mondo della politica liberal torinese, seguiva il noioso, supponente La Malfa, mai si presentò con titoli accademici o master. Via via divenne un figlio. Quando lo sentii alla Zanzara (radio) e a La7 (tv) parlare di un master preso a Chicago, confesso che mi seccai molto, perché non me ne aveva mai parlato. Poi a La7 Monti lo chiamò professore, lui tacque. Sobbalzai. Sono stato per molti anni amministratore delegato di aziende in Italia, Uk, Usa e mai ho voluto alle mie dipendenze individui che avessero conseguito un master o lavorato in McKinsey o in Goldman&Sachs.

Razzismo manageriale il mio o legittima difesa? Come cittadino mi sono fatto un elenco di quelli che hanno più danneggiato il Paese (politicamente parlando), per l’attività politica, per gli errori gestionali compiuti, per averci sottratto in una notte metà delle nostre riserve, per le dismissioni fatte in un certo modo, per le vigilanze non fatte, per le pensioni d’oro percepite, per la creazione di nuovi paria (esodati), ebbene tutti costoro provenivano dalla Società Civile, erano supermasterizzati. Danni? Mostruosi, però mai scoprirete la loro più piccola bugia, e quando ciò avviene per loro si usa il termine “scivolata”: impara e porta a casa, Oscar.

Stavo per chiamare Oscar per dirgli che doveva considerare “raffreddato” il nostro legame, non volevo avere rapporti men che formali con un professore e con un masterizzato (sarebbe rimasta la comune fede granata), quando, commosso, ha fatto pubblico “outing”, ammettendo la bugia: non era masterizzato, neppure dottore, men che meno professore.

Benedetto ragazzo, sei tornato l’Oscar d’un tempo. Cosa ti è saltato in mente di competere con individui che di master ne hanno più di uno, hanno avuto come insegnanti solo premi Nobel, e tu dai bassifondi di Mirafiori pensavi di entrare, coi tuoi vestiti stravaganti, nel cerchio magico degli ottimati, sognavi Bildenberg, Davos, i grembiulini.

Se mi avessi chiamato ti avrei spiegato che c’è un principio nel mondo del management: per creare un problema gigantesco, per esempio come quello degli “esodati” (400 mila persone disperate), con costi stratosferici per il Paese, ci vuole un supermasterizzato, anche più d’uno, mentre per risolverlo basta un “no master”.

Oscar, resetta tutto, cambia vita, a giugno presentati come privatista e cerca di prendere il diploma di ragioniere, mettilo subito in rete: l’Italia ha tanto bisogno di ragionieri e di liberarsi in fretta degli inetti supermasterizzati, come stavi diventando anche tu.

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