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I negoziati (energetici) tra Russia e Cina

L’asse della strategia energetica russa comincia a riallinearsi verso Est. Senza abbandonare il ricco mercato europeo, Mosca ha ripreso ad accelerare le trattative con la Cina per rafforzare le forniture di petrolio e avviare quelle del gas. In vista della visita del leader Xi Jinping a Mosca, che avverrà subito dopo la sua nomina a presidente a marzo, le diplomazie energetiche dei due Paesi stanno lavorando febbrilmente per dare a Xi e al presidente russo Vladimir Putin qualcosa di concreto su cui concordare.

Il dossier che resta tuttora più delicato è quello del gas. Il numero due del monopolista russo Gazprom, Aleksandr Medvedev, ha incontrato a Pechino il presidente del consiglio d’amministrazione della principale compagnia energetica pubblica cinese, la Cnpc, Jiang Jiemin. Secondo Gazprom, i due hanno concordato che vengano “intensificati i negoziati” per l’avvio delle forniture russe attraverso la “direttrice orientale”, ovvero il gasdotto dell’Altai.

L’obiettivo è quello di chiudere entro il 2013 una partita che è ormai ferma da anni. Mosca e Pechino hanno ormai un accordo sui “parametri base per l’export del gas russo verso la Cina”, a partire dai volumi, ma continua a mancare un accordo sulla formula di prezzo.

I colloqui tra Russia e Cina per la fornitura di gas si sono aperti nel 2009, quando le due parti hanno firmato un importante accordo energetico in base al quale il monopolista russo Gazprom deve fornire alla Cina 68 miliardi di metri cubi di gas per 30 anni.

In occasione dell’ultima visita a Mosca del primo ministro cinese Wen Jiabao era emerso che la Cina vorrebbe pagare 250 dollari per 1.000 metri cubi di gas, mentre Mosca non vuole che il prezzo sia più basso rispetto a quello applicato per i suoi clienti europei. L’Ucraina paga 432 dollari per metri cubi.

Pechino, dal canto suo, riceve già metano anche dall’Asia centrale e non intende sborsare di più rispetto a quello che paga per quel gas. In particolare, la Cina proprio dal 2009 ha iniziato a importare attraverso un nuovo gasdotto dal Turkmenistan, che è uno dei Paesi con le più importanti riserve al mondo. Il gasdotto Turkmenistan-Uzbekistan-Kazakistan-Xinjiang è lungo circa 2mila chilometri e ha importanti potenzialità di sviluppo.

Mosca e Pechino si stanno muovendo anche sul fronte del petrolio. La Russia ha recentemente aperto i rubinetti dell’oleodotto Siberia orientale – Oceano Pacifico (Espo), che ha una diramazione che porta alla Repubblica popolare.

Attualmente la compagnia pubblica Rosneft fornisce 15 milioni di tonnellate all’anno ma, secondo quanto ha riferito lunedì il vicepremier russo Arkady Dvorkovich, Mosca e Pechino hanno concordato un aumento di almeno nove milioni di tonnellate all’anno, che devono andare ad alimentare una nuova raffineria a Tianjin. I cinesi sono interessati ad aumentare ulteriormente gli acquisti. Per finanziare questo rafforzamento delle forniture, Rosneft potrebbe prendere, secondo quanto ha riferito Dvorkovich, ripreso da Interfax, un nuovo prestito dalla Cina sul modello di quelli ottenuti dalla stessa compagnia e da Transneft nel 2009.

La compagnia russa “sta discutendo la questione con una banca cinese”, ha spiegato il membro del governo russo. Secondo varie indiscrezioni dal settore, un eventuale prestito cinese andrebbe anche a finanziare parte della costosa acqusizione di Tnk-Bp, la joint venture tra British Petroleum e il consorzio di magnati russi, AAR.

Rosneft inoltre sta discutendo con le compagnie cinesi per trovare un partner che permetta di sviluppare i giacimenti di gas nell’Artico. Affari importanti, insomma, da decine di miliardi di dollari che s’inquadrano in una crescita importante dell’interscambio tra le due potenze. Il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, la scorsa settimana, ha confermato l’obiettivo di raggiungere i 100 miliardi di dollari entro il 2015. Un obiettivo che, a suo dire, “verrà certamente raggiunto”.

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