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Chi sono (e quanto conteranno) i porporati lombardi nel prossimo Conclave

Il Sommo Pontefice Emerito si è chiuso nel Palazzo di Castelgandolfo, dopo l’ultimo volo che ha lasciato il mondo dei credenti attoniti e commossi. Adesso dispiega il suo cammino di pellegrino orante elevando voti al Signore per il suo successore e per la Chiesa universale sulla quale non mancherà di vegliare fino all’ultimo giorno della sua vita. Intorno a lui il rumore crescente del Conclave che si aprirà tra pochi giorni non lo distoglie dalla lunga meditazione che ha intrapreso, immaginando, crediamo, che gli scottanti dossier lasciati ai cardinali animeranno le discussioni delle Congregazioni convocate dal Decano del Sacro Collegio, Angelo Sodano, il cui inizio è previsto per lunedì prossimo.

A Roma sono già arrivati quasi tutti i porporati, anche quelli che, per motivi di età, non potranno partecipare all’elezione del nuovo Pontefice. Numerosi sono cardinali autorevoli che comunque indirizzeranno i lavori delle Congregazioni e contribuiranno alla scelta del successore di Benedetto XVI. Pochi i cosiddetti “papabili”. Tra gli uni e gli altri vengono, non senza ragione, annoverati i porporati lombardi, più specificamente di “rito ambrosiano”, che avranno nella fase preparatoria e, probabilmente, ancor più nella clausura della Cappella Sistina un ruolo che da tutti viene considerato primario. L’autorevolezza che li connota è unanimemente riconosciuta e non desterà certamente meraviglia se uno di loro ascenderà al Soglio di Pietro.

Da tempo la pattuglia dei “grandi elettori” della Chiesa lombarda non era così nutrita. Infatti, ben tre cardinali, due dei quali creati da Papa Ratzinger, parteciperanno al Conclave: l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, il suo predecessore, attualmente amministratore apostolico di Vigevano, Dionigi Tettamanzi, il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura Gianfranco Ravasi. Sul primo e sul terzo si appuntano gli sguardi più interessati ritenendoli, non soltanto in Italia a dire la verità, tra i più accreditati alla successione. Certamente saranno i punti di riferimento dei porporati italiani nel contribuire alla nomina, ma anche di molti stranieri che ne condividono gli orientamenti, in particolare di Scola del quale sono note le sue inclinazioni tradizionaliste o, se si vuole, conservatrici secondo le linee di tendenza ratzingeriane.

Ma c’è anche un altro lombardo, il presidente della Cei Angelo Bagnasco, che avrà un ruolo tutt’altro che marginale e da molti è indicato come naturale successore di Papa Ratzinger. Se la sua formazione è genovese, essendo stato ordinato sacerdote dal cardinale Giuseppe Siri, non si può dimenticare che il porporato è nato nel Bresciano, a Pontevico, e alla sua terra è rimasto sempre molto legato. Bagnasco, arcivescovo del capoluogo ligure, già ordinario militare d’Italia, assume in sé le qualità del pastore e quelle del “politico” per i ruoli ricoperti. Anche lui è stato creato cardinale da Benedetto XVI.

Si rinnova così, attraverso questi personaggi di primo piano, la vitalità della Chiesa lombarda nel Conclave che ha avuto nel 2005 in Carlo Maria Martini un protagonista di primo piano al punto di aver sfiorato l’elezione per poi ritirarsi, come è stato rivelato, per non lacerare il Sacro Collegio ed agevolare il cammino di Ratzinger, senza dimenticare quello svolto da Tettamanzi che nelle prime votazioni riuscì, secondo altre indiscrezioni recentemente rese note, a convogliare sul suo nome un numero cospicuo di voti.

È dal 1185 che la Diocesi milanese dà Papi alla Chiesa. Il primo fu il cardinale Uberto Crivelli che prese il nome di Urbano III. E nel secolo passato, gli arcivescovi ambrosiani Achille Ratti e Giovanni Battista Montini, divennero rispettivamente Pio XI nel 1922 e Paolo VI nel 1963.

Ma il Novecento ha pure avuto due porporati beati sulla Cattedra di Ambrogio, che potevano aspirare al Sacro Soglio: Andrea Carlo Ferrari (1894-1921) ed il benedettino Ildefonso Schuster (1929-1954), protagonista, suo malgrado, del noto tentativo d pacificazione negli ultimi drammatici giorni di guerra civile nella primavera del 1945. Scola e Ravasi, dunque, entrano nella Sistina con il favore dei pronostici. Non come outsider, bensì quali continuatori della grande tradizione ecclesiastica milanese che anche in questa occasione farà sentire il suo peso e non soltanto perché espressione della più grande diocesi del mondo.

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