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Perché Monti, Berlusconi, Bersani e Grillo non sono degli Obama su Facebook

La politica, si è visto, sembra doversi preoccupare di un problema nuovo. Il successo sulla rete e sui social network – Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle ce lo insegnano – può rappresentare il vero punto di forza anche in campagna elettorale. Per combattere la perdita di fiducia nei politici di professione e nei loro programmi, il rapporto diretto con i cittadini, se non in piazza, tramite i social network, sembra premiare.

In un incontro organizzato all’università Luiss dall’Associazione ItaliaCamp e dall’Ambasciata americana in Italia è stata Elizabeth Linder, responsabile Politics & Government di Facebook per Europa, Medio Oriente e Africa, a spiegare gli aspetti caratterizzanti della comunicazione politica sui social network, la possibilità di modellare la strategia in base ai commenti e alle reazioni ottenute, senza dimenticare di essere “leaders”, e non solo “pleasers”, compiacendo gli utenti.

I numeri di Facebook

A stretto contatto con politici, ministri, famiglie reali e ong, la giovane manager ha sottolineato come Facebook possa rappresentare “una lezione per la leadership del XXI secolo”. D’altra parte, non si può trascurare un popolo, quello creato da Zuckerberg, che cresce sempre di più. “Gli utenti di Facebook nel loro complesso – ha commentato – rappresenterebbero la terza Nazione più popolosa al mondo”.

L’importanza dell’interazione

La pagina Facebook non è nulla senza conversazione e senza dialogo. E, d’altra parte, Facebook non prevede meccanismi per eliminare i commenti dalle bacheche. Secondo Linder i politici stanno capendo sempre di più l’importanza dell’interazione con gli altri utenti. “Non si può ritenere Facebook una piattaforma in cui esprimere le proprie idee sfuggendo alle persone che chiedono di essere coinvolte”, ha osservato.

I temi fondamentali nell’uso dei social media

I tre temi fondamentali che bisogna considerare per un uso intelligente dei social media sono l’autenticità, l’accesso e la trasparenza. La propria homepage non può essere vista come un semplice manifesto elettorale, e questo aspetto sottolinea il valore delle foto. Difficilmente un profilo ufficiale riuscirà a ottenere “mi piace”. Sono le foto del backstage di un evento, o quelle scattate a casa ad ottenere commenti e apprezzamenti. “E’ così che si diventa un leader su Facebook”, ha spiegato Linden portando ad esempio il caso del presidente Usa Barack Obama. E’ il “behind the scene” a dettare il successo della comunicazione.

La creatività nella reazione ai commenti 

Ma ad essere messa alla prova dalla ventata di novità rappresentata dai social network è anche la creatività nel gestire sul web commenti e reazioni inaspettate. La reattività non deve essere propria solo del leader politico, ma anche del suo staff. “Spesso, e questo è davvero l’errore più grande da fare, si affida la gestione dei social network a stagisti o comunque a giovani collaboratori inesperti, che, non avendo un ruolo attivo nella campagna del leader politico, non riescono a centrare l’attenzione degli utenti o a prevedere le loro reazioni”. Il social manager invece è colui che testa davvero il polso della situazione, ed è per questo che il leader dovrebbe dedicare tempo ai network, cercando di mostrarsi onesto. “La trasparenza è infatti la qualità che gli utenti sembrano apprezzare maggiormente, così come, d’altro canto, sono delusi da chi finge o devia su conversazioni scomode”.

La rielaborazione (non eccessiva) della strategia comunicativa

Il lato positivo della strategia comunicativa sui social network? E’ la possibilità di rielaborarla, per quanto possibile, adattandola ai commenti e alla valutazione che ne dà il popolo del web. Uno shaping che, comunque, non può trascurare e dimenticare l’essenza del politico. I protagonisti in questo senso devono restare “leaders” e no “pleasers”, ha concluso.

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