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Chávez, la fine del caudillo bolivariano della rivoluzione incompiuta

Il presidente venezuelano Hugo Chávez è morto ieri sera nell’ospedale militare di Caracas. Ne ha dato l’annuncio alla televisione il vicepresidente Nicolas Maduro.

“Abbiamo ricevuto la notizia più dura e tragica che potevamo annunciare al nostro popolo. Alle 16,25 (le 21,55 in Italia), di oggi 5 marzo, è morto il nostro comandante presidente Hugo Chavez Frias”, ha dichiarato Maduro.

Hugo Chavez Frias, o la Rivoluzione Bolivariana: un capitolo controverso della storia recente del Venezuela, fatto di socialismo messianico mescolato a quel “caudillismo” di cui il continente poche volte ha saputo fare a meno.

Chavez, di umili origini e che non ha mai nascosto, anzi ha sempre esaltato la sua discendenza indigena, entrò in accademia militare nel 1975, ricoprendo vari incarichi nell’esercito fino alla promozione a tenente colonnello dei paracadutisti, nel 1991; l’anno successivo fu tra i protagonisti di un tentato golpe militare contro il governo del presidente Carlos Andres Perez, ma dopo due anni di carcere venne graziato e congedato con onore dall’esercito.

Per Chávez non fu la fine della carriera militare, ma l’inizio della carriera politica alla guida del Movimento per la Quinta Repubblica, grazie al quale venne eletto Presidente per la prima volta nel 1998, con il 58% dei voti; due anni dopo, ottenne il 59% delle preferenze in un referendum di “legittimazione di tutti i poteri”.

Il malcontento popolare e dell’esercito portarono tuttavia a un tentativo di colpo di Stato che provocò le presunte dimissioni del Presidente e il suo arresto, il 12 aprile del 2002: già il girono dopo violente manifestazioni popolari a Caracas misero in crisi il governo di transizione, ed alcuni generali si schierarono con Chávez, giustificandosi con l’assenza di formali dimissioni da parte del Presidente. Il golpe fallì e in poche ore Chavez fu di nuovo in sella, superando – nonostante le accuse di brogli da parte dell’opposizione – anche un referendum di impeachment svoltosi il 15 agosto del 2004, per essere poi rieletto nel 2006 con il 62% dei voti.

Nel 2011 gli venne diagnosticato un tumore nella zona pelvica, malattia che lo costrinse a sottoporsi a numerosi interventi chirurgici all’Avana ma non gli impedì di correre per un terzo e vittorioso mandato nello scorso agosto, sebbene con una percentuale di preferenze sensibilmente minore.

Chávez rimane tuttavia una figura un po’ atipica fra i “caudillos” sudamericani: non solo per una filosofia politica che guarda a sinistra – ma invocando spesso i valori cristiani – e che sconfina spesso nel populismo, ma anche per un attaccamento al potere un po` meno `assoluto` che in altri casi: durante il fallito golpe Chávez non oppose alcuna resistenza e anzi parve sorpreso del suo ritorno.

In politica estera poi il Venezuela – al di là della retorica – ha continuato a fornire petrolio agli Stati Uniti, né Caracas si è resa protagonista di politiche continentali destabilizzanti, limitandosi spesso a un sostegno più verbale che pratico ad altri dirigenti “indigenisti” come il boliviano Evo Morales e l’ecuadoriano Rafel Correa, e a qualche visita scomoda, come ad esempio in Iran.

Nel complesso dunque un leader che si ispirava a Fidel Castro (anche nella prolissità dei discorsi) ma che non ha mai veramente preoccupato Washington, e che deve il suo successo all’indubbia popolarità presso gli strati più poveri della popolazione, che hanno potuto beneficiare di numerosi sussidi grazie a una distribuzione più equa dei proventi petroliferi rispetto a quanto fatto in periodi precedenti.

Il che però non assolve il “chavismo” dall’essere nel migliore dei casi una democrazia incompiuta, quanto le oligarchie che lo hanno preceduto: controllo totale della stampa e dell’esercito, sussidi e favori mirati solo ai potenziali sostenitori, e molti problemi in fondo rimasti irrisolti. Nonostante i progressi la povertà rimane ancora endemica, e ciò malgrado le risorse energetiche e i relativi ricavi di cui gode il Paese: ma soprattutto la sicurezza quotidiana dei cittadini rimane ancora una chimera, con un tasso di criminalità fra i più elevati del mondo.

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