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Le tattiche sul gas della Strategia energetica del governo. Parla Stagnaro

Le stime del governo sul futuro energetico italiano non sono rosee. E così la versione definitiva della Strategia energetica nazionale appena trasformata in un decreto firmato dai ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente, rispettivamente Corrado Passera e Corrado Clini, “taglia al ribasso anche i programmi delle nuove infrastrutture metanifere italiane di cui il Paese avrà (secondo il Governo) bisogno, e che quindi meritano di essere in qualche modo sovvenzionate. Non più di un nuovo rigassificatore dei tre o quattro in costruzione o in progetto. E stop anche all’ulteriore sviluppo degli stoccaggi”, si legge sul Sole 24 Ore

Un solo nuovo rigassificatore

Per il governo dunque è necessario un solo grande rigassificatore, aggiuntivo ai due in funzione (Panigaglia e Rovigo) e quello che sta per entrare in funzione a Livorno. “Nel documento – sottolinea il Sole 24 Ore – si propone di dare garanzie sussidi diretti al rigassificatore ‘eletto’ (quale e dove è evidentemente da decidere) che dovrà comunque avere una capacità di 8 miliardi di metri cubi, con un contributo alla punta di 24 milioni di metri cubi giornalieri, ‘incrementabili a 16 nel caso non si realizzasse almeno uno dei nuovi gasdotti di importazione’ previsti da oriente”.

Un solo rigassificatore con garanzie pubbliche anche finanziarie. Tutto il resto al mercato. “Non è un buon segnale per i tanti che si stanno impegnando nei rigassificatori, che (va ricordato) sono la soluzione più proficua non solo per rafforzare il nostro import ma anche per differenziare (elemento ancora più importante) le fonti di approvvigionamento”, commenta Federico Rendina sempre sul quotidiano della Confindustria.

Il parere del liberista Stagnaro

Critico nei confronti della decisione del governo è il direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, l’esperto di questioni energetiche Carlo Stagnaro. “La revisione della Sen – spiega in una conversazione con Formiche.net – prende atto di una congiuntura peggiore delle aspettative, e su questa base rivede al ribasso la stima delle necessità infrastrutturali italiane. Il dato più significativo è che il numero di rigassificatori che possono essere ammessi al pieno recupero dei costi di costruzione scende dai 3-4 precedentemente ipotizzati a uno solo”.

La decisione del governo causa di distorsioni di mercato

Le stime sui consumi certo non incoraggiano. “Aritmetica alla mano – prosegue – questa decisione è conseguenza della diminuzione della domanda attesa, stretta tra il calo dei consumi dovuto alla recessione e l’aumento della produzione elettrica da fonti rinnovabili (che comporta una minore produzione delle centrali termoelettriche)”. L’anomalia? “Sta nel ‘manico’: cioè l’idea che spetti al governo decidere quali e quante infrastrutture vanno realizzate, introducendo una forte distorsione nel mercato. Infatti, se un numero limitato di rigassificatori (uno) possono accedere a formule di remunerazione in tariffa, e dunque essere realizzati a rischio zero per l’investitore, mentre tutti gli altri dovranno essere realizzati a pieno rischio dell’investitore, è chiaro che si sta implicitamente fissando il numero di rigassificatori da realizzare – punto. Se il terreno del gioco competitivo non è adeguatamente livellato, i giocatori non si presentano all’appuntamento. Per fare una metafora calcistica, è come se si dichiarasse che la squadra X può fare libero uso di sostanze dopanti: è molto probabile che la squadra avversaria neppure si presenti alla partita!”, sottolinea.

L’Italia come hub del gas

Ma secondo Stagnaro l’equivoco di fondo sta a monte: “La Sen coltiva l’obiettivo ambizioso di fare dell’Italia un hub del gas. Ma non si diventa un hub perché lo decide il regolatore, o il gestore della rete: si diventa un hub perché esistono condizioni economiche per farlo. In particolare, l’Italia può diventare l’hub per il Sud Europa se ha l’aspettativa di importare da sud gas a prezzi inferiori di quelli che si trovano a nord delle sue frontiere. Se c’è questa aspettativa, in assenza di distorsioni, il processo di infrastrutturazione è guidato da forze di mercato. Invece noi, attraverso la Sen, stiamo praticando una sorta di ‘ego te baptizo piscem’: fingiamo che l’Italia sia un hub e sulla base di questa finzione spendiamo denaro dei consumatori per realizzare infrastrutture addizionali”, osserva.

Il paradosso che ha portato alla revisione della Sen

Il risultato paradossale “è che ci troveremo o con un eccesso infrastrutturale (per cui i consumatori pagheranno in bolletta dei costi fissi per opere improduttive) oppure il sistema, qualora per qualche congiunzione astrale davvero dovessero crearsi le condizioni per diventare hub, faticherebbe ad adeguarsi a causa della discontinuità tra le opere sussidiate e quelle no. E’ estremamente improbabile che la capacità d’importazione individuata dalla Sen sia quella ‘ottima’, che il mercato avrebbe trovato da sé: e la dimostrazione dell’incapacità dei pianificatori centrali di possedere tutta l’informazione necessaria viene proprio dalla Sen, che a distanza di pochi mesi ha completamente rivisto le sue stesse stime!”.

 

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