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La green economy secondo Beppe Grillo

Tra i primi effetti di queste inconsuete elezioni invernali vi è stato il rapido mutamento del vocabolario comune. Tra le locuzioni tornate di gran moda vi è senz’altro quella di green economy (fa capolino anche tra i famosi 8 punti di Bersani), per la verità molto spesso declinata nel facile ma tutt’altro che esaustivo esempio della produzione di energia con fonti rinnovabili (sole e vento per semplificare).

È questa una conseguenza della notevolissima affermazione del Movimento 5 Stelle? Sì, la risposta può essere affermativa. Del resto l’energia pulita è rappresentata proprio una delle cinque stelle del simbolo creato e registrato da Beppe Grillo. Le altre stelle del simbolo significano acqua pubblica, internet libero, rifiuti zero e riciclaggio, mobilità sostenibile, anche se, in verità, una definizione precisa e univoca non si trova facilmente, probabilmente perché il simbolo era nato per il più circoscritto obiettivo delle consultazioni amministrative.

Tuttavia, se si legge il programma del Movimento dei “grillini”, facilmente reperibile e ufficiale, si nota come il tema energia sia affrontato in modo specifico e articolato: quasi 3 pagine sulle 13 totali.

Il (fin troppo?) dettagliato programma andrebbe però decisamente meglio chiarito in alcuni punti, sia nelle reali motivazioni sia nei benefici attesi. Per esempio, per rimanere alle questioni anche energetiche, ove si cita «l’abolizione delle Authority e la contemporanea introduzione di una vera class action». Sembrerebbe del tutto ignorarsi, per fare un esempio semplice, che alcune Autorità, come quella dell’Energia o delle Comunicazioni, oltre alla tutela del consumatore provvedono a regolare l’attività degli operatori che lavorano in monopolio tecnico.

Ad ogni modo, l’obiettivo strategico da perseguire per l’energia è esplicitato chiaramente: puntare sull’efficienza e sul risparmio energetico. Piuttosto che realizzare nuovi impianti, compresi quelli alimentati con fonti rinnovabili, prima risparmiamo, dunque. Si legge infatti: “Per accrescere l’offerta di energia elettrica non è necessario costruire nuove centrali, di nessun tipo”, e ancora “la prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici, condizionatori e macchinari industriali). Solo in seguito, se l’offerta di energia sarà ancora carente, si potrà decidere di costruire nuovi impianti di generazione elettrica”.

Certo, non mancano le nette prese di posizione su storici cavalli di battaglia di Grillo, come l’eliminazione degli incentivi CIP6 o, per l’appunto, il favore con cui si guarda alla generazione diffusa, anche da fonti fossili, o alla produzione di biocombustibili; ma in una scala di priorità, e quindi anche in termini politici, efficienza e risparmio energetico vengono prima di ogni altra iniziativa.

Sarebbe opportuno tenerlo presente nella ricerca di “punti” su cui accordarsi o anche, più semplicemente, di argomenti di cui diffusamente parlare.

 

Antonio Sileo (research fellow IEFE-Università Bocconi e I-Com)

Giovanni Galgano (managing director Public Affairs Advisors)

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