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Cipro salvata dall’Europa con una tassa sui depositi

balcani

Cipro è salva, o quasi. Almeno gli istituti di credito possono essere considerati salvi.

Alla fine di un negoziato notturno durato 10 ore, l’Eurogruppo ha trovato un compromesso, la notte scorsa a Bruxelles, per il salvataggio di Cipro, e soprattutto delle sue banche. Ma le decisioni, accettate a malincuore dal nuovo governo di Nikos Anestesiades come il male minore, non mancheranno di suscitare controversie e reazioni fortemente negative, e rischiano di provocare ripercussioni anche su altri Paesi dell’Eurozona: in particolare la Spagna, che sta faticosamente cercando di uscire dalla propria crisi bancaria.

Il turno di Cipro

Cipro è ora il quarto Paese – dopo Grecia, Irlanda e Portogallo, e senza contare l’intervento specifico per le banche in Spagna – a ottenere in programma di salvataggio finanziario dall’Eurozona, sottoponendosi alle politiche di austerità, riforme e risanamento che verranno imposte dalle missioni della Troika (Commissione, Bce, Fmi) a Nicosia.

La novità della tassa
Ma l’elemento più importante e controverso dell’accordo sta nel fatto che viene rotto un vero e proprio tabù: agli aiuti dell’Eurozona per Cipro, 10 miliardi di euro (rispetto ai 17 ritenuti necessari, equivalenti all’intero Pil del Paese) si aggiungerà un contributo forzoso dei privati che avevano lasciato il loro denaro nelle banche nell’Isola. Verrà loro imposta una tassa una tantum sui depositi del 6,75% per somme fino a 100.000 euro, e del 9,9% oltre questa cifra. La tassa, che dovrebbe dare un gettito di 5.8 miliardi di euro, colpirà tutti i depositanti, ma in modo più duro i non residenti (che sono soprattutto russi, ma anche britannici). I residenti, infatti, verranno parzialmente compensati con azioni della loro banca di valore pari all’imposta pagata.

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