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Sinistra d’antan e d’élite folgorata dal verbo francescano

Folgorata dal verbo di Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa della potentissima Compagnia di Gesu’, che, magistralmente, ha riesumato il pauperista Francesco d’Assisi figlio di un ricchissimo mercante ed interlocutore di uccelli e lupi ma non delle donne tenute lontane dal suo Cantico delle creauture da lodare, la sinistra puo’ rischiare di deragliare verso una ‘deriva papalistica’. E’ bastato, infatti, l’accenno di Francesco I°, di cui non sono chiari i rapporti intercorsi a suo tempo con la dittatura militare di Videla, ad una Chiesa ‘dei poveri tra i poveri’, quindi pauperista per far gridare all’innovazione quasi che c’e’ da aspettarsi un’imminente alienazione delle fantasmagoriche ricchezze racchiuse in Vaticano. Segnali preoccupanti, in tal senso, vengono per lo piu’ da una sinistra, d’antan e d’élite, cresciuta nel mito del ‘catto-comunismo’ del fu Roderigo de Castillia che ha segnato con la prassi del consociativismo la politica del ‘900. La sinistra d’antan intravede nell’esponente di una delle Istituzioni piu’ ricche del pianeta, al pari dei Cavalieri di Malta, addirittura un alleato perche’ “con Papa Francesco un altro mondo [e’] possibile” profetizza Fausto Bertinotti su Europaquotidiano. E una certa intellighentia, la sinistra d’élite, ha messo l’aggettivo ‘francescano’ ovunque: si apprende della Manifestazione francescana indetta per sabato 23 marzo da Micromega per ‘B. ineleggibile’ o di ‘una tendenza francescana’ che sarebbe in auge apparsa su Repubblica dove si eleva, come fa Concita De Gregorio, il Papa a ‘rivoluzionario’. Operazione culturale e politica che taglia di netto la devastante crisi che e’ bene chiamare ‘truffa’ finanziaria, frutto amarissimo del ‘pensiero unico liberista’ e causa del crescente impoverimento e di ingiustizie dilaganti, fino a mettersi di traverso alle stesse indicazioni del voto contrassegnato dalla ‘reazione’ di ampi strati sociali, soprattutto dei giovani, al profondo disagio ‘non visto’, prodotto dalle inique politiche di austerita’ imposte come un salvavita: il maggior partito di opposizione ha perso 3 milioni di voti a fronte dei 6 milioni persi dal maggior partito di governo, mentre Il 50% dei votanti ha scelto il M5S e il non voto. Di questa ‘deriva papalista’ ne e’ prova lampante quel che ha scritto Alfredo Reichlin su l’Unita’: “[…] Ma è anche per queste ragioni che la decisione del Conclave mi fa esultare. Hanno eletto Papa un vescovo argentino che si è dato il nome di Francesco d’Assisi, il Santo dei poveri. Questo si che è una grande notizia […] la necessità di riscoprire il ‘cristiano’. Ciò che è la grandezza del cattolicesimo. Il Dio che si fa uomo, che scende in terra e guida il cammino spirituale degli uomini ma stando nella storia. Quindi immergersi nella vita di oggi, nelle ingiustizie e nelle sofferenze della gente povera. Ripartire dalla fratellanza. Camminare insieme”. Rispunta il vecchio vizio duro a morire: meglio il consociativismo – il camminare insieme – per non contrapporsi allo status quo, piuttosto che incamminarsi su una via alternativa, il socialismo che e’ cambiamento radicale dell’esistente nel segno di valori laici come uguaglianza, liberta’, giustizia sociale. Mantenere lo status quo, il consociativismo, non comporta, come dimostra l’esperienza passata, la messa in discussione del ‘sacro principio del partito’ e dell’ideologia di riferimento, rispetto invece alla scelta del socialismo: la differenza sostanziale sta nel fatto che il consociativismo risponde solo al ‘sacro principio del partito’ e alla sua ideolgia, il socialismo risponde alla richiesta di uguaglianza, liberta’ e giustizia sociale della ‘povera gente’ che ha diritto “di vivere non tanto meglio, quanto diversamente” in una società “non piu’ triste, e piu’ povera, ma piu’ allegra e piu’ ricca perche’ diversamente ricca”.

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