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Ecco gli errori (passati e presenti) nella vicenda dei marò

Rientrano in Italia, poi tornano in India. Rientrano di nuovo in Italia e il governo annuncia che in India non torneranno più. Anzi, no. È meglio se tornano. Tanto, la pena di morte per loro è scongiurata. Che sollievo! La vicenda dei marò sembra un triste telefilm a puntate. Lo scorso 11 marzo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono stati sorpresi da una telefonata inaspettata della Farnesina: state tranquilli, non dovete tornare più a Kerala. Ieri, invece, il presidente della Repubblica e il ministro degli Esteri hanno comunicato un altro ordine. Prendete lo zaino, lo spazzolino da denti e la paura, si rientra di nuovo in India. Questa volta, come racconta oggi il Corriere della sera, per i due marò è stata davvero dura, ma la coerenza e l’impegno militare hanno vinto: obbediranno.

La vicenda dei marò è uno spettacolo che dimostra l’incapacità politica del governo nel gestire una situazione di crisi. È questo il giudizio di Stefania Craxi, ex sottosegretario agli Esteri e presidente della Fondazione Craxi, in un’intervista con Formiche.net. Le autorità hanno perso la bussola e la situazione è allo sbando. Si torna in India o si rimane in Italia? L’unica certezza è che l’Italia farà fatica a riconquistare la sua immagine dopo questa gestione solitaria e altalenante.

– Quali sono stati i principali errori commessi nella gestione della crisi dei marò?
“Intanto c’è stato un errore a monte, purtroppo commesso dal governo precedente: quando è stata consentita la presenza dei fucilieri nelle navi occorreva cambiare le leggi di ingaggio. In una situazione di crisi il controllo doveva passare ai militari e non rimanere sugli armatori. Dopo questo si sono commessi una serie di errori devastanti e la diplomazia italiana ha completamente perso la bussola”.

– Era così complicato gestire la crisi o si è dimostrata un’incapacità da parte del governo tecnico?
“C’è una totale incapacità nella gestione della crisi. Il governo indiano ha violato il diritto internazionale e da quel momento bisognava cercare l’appoggio dell’Onu e dell’Unione europea, ma si sono saltati tutti i passaggi. Anche l’ultima decisione contribuisce ad aumentare quell’immagine dell’Italietta incapace di rispettare i patti. La crisi si è gestita in modo altalenante e in solitario”.

– Quali sono stati, invece, gli errori commessi dall’India?

 “L’episodio è accaduto in acque internazionali, come ha riconosciuto l’Alta corte indiana, ed era competenza della magistratura italiana stabilire se si trattava di un incidente o un reato. Non della magistratura indiana”.

– Cosa succederà con l’ambasciatore Daniele Mancini, al quale è stata tolta l’immunità diplomatica?
“Anche quello è completamente illegittimo. L’India ha commesso una serie di atti non rispettosi dei patti internazionali ai quali l’Italia ha risposto in modo sbagliato. Come ad esempio decidere di non far tornare i marò. Il patto di farli tornare indietro andava rispettato. Tra l’altro, un accordo bilaterale tra l’India e l’Italia stabilisce che le condanne devono essere scontate nei Paesi dei condannati, quindi, nel caso dei marò l’Italia. Non si capisce la ratio di tutto questo. La vicenda è stata gestita in solitudine e ha portato la diplomazia italiana al totale imbarazzo”.

– È possibile che c’entrino gli affari con gli elicotteri dell’Agusta?
“Senza dubbio la cattiva gestione di questa vicenda ha esposto le aziende italiane presenti in India”.

– Qual è il ruolo di Sonia Gandhi?
“Lei è in assoluto imbarazzo ed è comprensibile che si sia tirata indietro. Da sempre è accusata di non essere indiana, un’affermazione che la mette in difficoltà nei confronti del popolo e del suo ruolo politico e istituzionale. Non poteva che prendere le distanze . Ricordo ancora quando è stata costretta a incontrare il presidente Ciampi di nascosto”.

Mentre il caso dei marò va avanti e i leader decidono quale politica adottare, fonti all’interno della Marina militare italiana confermano che molti ufficiali hanno deciso di prendere malattie, permessi e ferie pur di non salire sulle navi attive in operazioni anti-pirateria. La garanzia di “scampare la condanna a morte” non rappresenta un sollievo.

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