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Cosa bolle nel calderone nordcoreano

La Corea del Nord ha iniziato a spostare un missile a medio raggio verso la costa orientale. Allo stesso tempo da Pyongyang arriva la minaccia di chiudere una volta per tutte il complesso industriale congiunto di Kaesong, cartina tornasole delle relazioni tra le Coree, dove per il secondo giorno consecutivo non è stato permesso l’accesso ai sudcoreani.

Il regime risponde così alle insinuazioni di quanti sostengono che sia per convenienza del regime che il sito sia restato in parte fuori dalle tensioni e dalla guerra verbale iniziata con il test nucleare di febbraio. Kaesong, si legge, serve al Nord per procurarsi valuta estera. Con le ultime dichiarazioni la dinastia dei Kim cerca di smentire l’importanza dei questo esperimento economico in cui 123 aziende del Sud danno lavoro a 50mila nordcoreane.

La tensione sul 38esimo parallelo non accenna a calare. Al contrario le provocazioni e i toni belligeranti sono un crescendo. Ieri Pyongyang aveva annunciato di essere pronta ad attaccare gli Stati Uniti con mezzi nucleari “più efficaci, piccoli, leggeri e diversificati” di cui ancora tuttavia si dubita il regime sia dotato.

Le minacce della dinastia rossa dei Kim sono reali così come il rischio che possano minacciare gli interessi Usa, ha detto il segretario di Stato americano Hagel. Non forse le sparate nucleari, ma il rischio di un incidente con armi convenzionali non è da escludere. Soprattutto per lo sfoggio di forza che sia i nordcoreani sia gli statunitensi stanno dando. I primi più a parole per ora, sebbene il missile in viaggio verso la costa orientale -Musudan con una gittata di 3-4mila chilometri- sia teoricamente in grado di raggiungere le basi Usa a Guam. Non si tratta dunque dei KN-08 capaci di colpire in teoria a 10mila chilometri, e quindi fino agli Stati Uniti continentali, di cui ha parlato la stampa giapponese, smentita dal ministro della Difesa sudcoreano, Kim Kwan-jin.

Washington, nell’ambito delle esercitazioni congiunte con i sudcoreani, ha invece schierato il meglio dei suoi armamenti: bombardieri B-2 stealth, aerei F-22 invisibili ai radar e fiore all’occhiello dell’aviazione militare. È stato inoltre annunciato il dispiegamento del sistema di difesa antimissile Thaad sull’isola di Guam, già previsto entro il 2015 ma anticipato. Difese che si aggiungono ai nuovi intercettatori schierati in Alaska, che hanno portato il totale da 30 a 44.

Secondo quanto riferito dal Wall Strett Journal, a Washington si sta decidendo di moderare l’atteggiamento tenuto nell’ultimo mese dopo l’approvazione delle sanzioni Onu contro Pyongyang per il test nucleare di febbraio. Sanzioni che hanno spinto i nordcoreani a sparare bordate anche contro l’interno Consiglio di sicurezza (Cina compresa per il suo sì alle misure) accusati di essere burattini nelle mani degli statunitensi.

Il rischio è quello di un incidente o il ripetersi di episodi come il bombardamento dell’isola di Yeongpyong nel 2010. Accanto alle manovre nordcoreane e statunitensi si inseriscono quelle cinesi. Nei giorni scorsi sono stati segnalati movimenti di truppe vicino al confine con la Corea del Nord.

A Pechino si dibatte se continuare ad assecondare e stare al fianco dello scomodo alleato, posizione tenuta dai veterani del partito e dell’esercito che vedono in Pyongyang un cuscinetto contro la presenza statunitense in Corea del Sud e Giappone.

Ironia della sorte, proprio gli atteggiamenti di Pyongyang, notano molti osservatori, si stanno rivelando la chiave del rinnovato interesse asiatico delle politica estera statunitense. Di contro nella dirigenza cinese si levano anche voci di quanti vedono nei Kim un problema per gli interessi di Pechino. In quest’ottica i movimenti di truppe sono visti più come un modo cinese di proteggersi piuttosto che di difendere lo scomodo alleato.

Termometro della situazione sul 38esimo parallelo è anche l’apparente tranquillità dei sudcoreani, così come raccontata dai corrispondenti stranieri a Seul. Scrive Chico Harlan del Washington Post che la percezione dei nordcoreani come principale minaccia è in aumento, ma ancora attorno al 26 per cento. Anche da dentro il regime arrivano segnali contrastanti. Alla mobilitazione retorica, secondo quanto riferito dal sito Daily Nk, non corrispondono manovre insolite dentro i propri confini. C’è infine chi guarda alla nomina a premier di Pak Pong-ju, considerato un estimatore del modello cinese e tornato alla guida del governo dopo essere stato epurato nel 2007. La confusione è tanta sotto il cielo di Corea.

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