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La minaccia terroristica in Europa secondo Stratfor

Attentati, come quelli dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, hanno cambiato per sempre il nostro modo di vivere e la percezione della minaccia terroristica.

Da evento sporadico, il pericolo è diventato in Occidente qualcosa con cui convivere e che le forze dell’ordine stando imparando a fronteggiare con azioni coordinate e un rafforzamento delle misure di prevenzione e intelligence.

Un rischio, quello degli attacchi, che non risparmia l’Europa, dove anzi si assiste a un’intensificazione di episodi che fanno presagire un terrorismo sempre meno occasionale e più organizzato, con una vera struttura internazionale.

L’ultimo in ordine di tempo è quello che il 26 marzo scorso ha portato in Belgio all’arresto di Hakim Benladghem, 39enne francese di origine algerina. Le indagini hanno dimostrato che non si era di fronte a un terrorista qualunque, ma a un uomo appartenente a una rete con contatti al di fuori del continente, molto addestrato, istruito, armato, con risorse tecnologiche e economiche e probabilmente con un obiettivo ben preciso.

Tutto ciò – secondo un’analisi della società d’intelligence Stratfor – non può lasciare indifferenti le autorità e i servizi segreti europei, che devono rimettere al centro del loro agire la lotta a un terrorismo in continua evoluzione e che in Europa ha caratteristiche del tutto peculiari.

LE RADICI DEL PROBLEMA
Ci sono legami storici antichi tra il mondo islamico e l’Europa, le cui storie di conflitto e cooperazione si sono spesso intrecciate con la geopolitica.

La vicinanza del Nord Africa all’Europa meridionale e gli sforzi di colonizzazione degli europei, in combinazione con le tante persone nel mondo musulmano in cerca di istruzione e di occupazione in Europa, hanno portato un gran numero di musulmani a vivere nel Continente.

Questa stretta relazione però non è stata priva di attriti e non ha prodotto l’integrazione sperata; lacune che si riflettono negli alti tassi di disoccupazione degli immigrati, frutto anche di azioni discriminatorie.

Ciò produce rabbia sociale che, unita al welfare europeo che consente di sopravvivere senza lavorare, spinge ad abbracciare idee radicali e a tradurle in attività politiche e militanti.

Inoltre, la concessione di asilo politico – secondo le leggi europee – a molti ideologi jihadisti perseguitati nei loro paesi d’origine ha aggravato la situazione.

E anche se molti predicatori d’idee radicali sono stati espulsi anche in Europa dopo gli attacchi dell’11 settembre, sono ormai stati sostituiti da una seconda generazione cresciuta nel numero e nell’istruzione, alla continua ricerca di nuovi adepti in moschee, associazioni, palestre, università.
Gli obiettivi principali sono giovani da plasmare, ma anche adulti arrabbiati e donne, utili ad attività d’intelligence.

Questi reclutatori hanno spesso contatti con altre cellule radicali in Europa, così come collegamenti a gruppi jihadisti e militanti stranieri, che utilizzano per facilitare gli spostamenti ai campi d’addestramento e le zone di guerra.

Il quadro è ulteriormente peggiorato a causa di elementi come il divieto di indossare pubblicamente il burqa in Francia e la retorica anti-islamica di politici come l’olandese Geert Wilders, che rafforzano la narrazione proposta dai reclutatori jihadisti che l’Islam sia “sotto attacco dagli europei”.

Nel loro insieme, queste condizioni hanno reso molto difficile attenuare la minaccia jihadista in Europa. Semmai, a giudicare dal numero di attentati, complotti e arresti, la minaccia è sempre più acuta.

LE PROSPETTIVE E LE DIFFERENZE TRA EUROPA E AMERICA
Come avvenuto negli Stati Uniti, attacchi importanti come quelli a Madrid nel 2004 e Londra nel 2005 hanno spinto le autorità europee a diventare molto più concentrate sul terrorismo e di conseguenza nell’approccio al suo contrasto.

Tuttavia, la natura della minaccia jihadista è leggermente diversa in Europa rispetto agli Stati Uniti in ragione delle differenze tra le due comunità islamiche.

Negli Usa, dove la comunità musulmana è più integrata e meno isolata in determinati quartieri, i cospiratori tendono a essere più ambiziosi e a cercare supporto su internet, dove spesso incappano in agenti che lavorano in operazioni sotto copertura.
Inoltre gli aspiranti terroristi negli Stati Uniti tendono a essere, con le dovute eccezioni, più giovani e con meno esperienza rispetto ai loro omologhi europei.

In Europa, a causa di una popolazione musulmana condensata e spesso priva di diritti civili, non è difficile per gente con idee radicali trovare persone con un passato jihadista nel proprio paese d’origine.

I RISCHI PER GLI USA
Casi come quello di Benladghem, un terrorista organizzato collegato a una rete internazionale, dimostrano per Stratfor che le autorità europee avranno molto da fare per rimuovere questi pericoli.

Questa tuttavia non è solo una cattiva notizia per gli europei, ma anche per gli Usa, perché potrebbe anche far presagire un incremento degli attacchi antiamericani in Europa o anche fuori dal continente, per mano di militanti con passaporto europeo.

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