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Draghi è come Gulliver legato a terra da mille lillipuziani

A George Soros negli ultimi tempi le cose non sono andate molto bene. Forse proprio per questo, il finanziere che sognava di insegnare alla London School of Economics è tornato a lanciare le sue sonde micidiali. Dice che lo yen rischia di cadere su un piano inclinato dopo la svolta monetaria della Bank of Japan. E giù a speculare sulla valuta nipponica. Profetizza che l’Italia possa seppellire l’euro (lo aveva già detto con la Grecia e la Spagna) e giù a manipolare titoli di Stato italiani (che tra l’altro oggi hanno un rendimento di almeno sei punti).

Gli ultimi annunci della Bce

Mario Draghi, nella conferenza stampa di giovedì scorso, ha ribadito che l’unione monetaria non è come il grand hotel, niente porte girevoli. Chi l’aveva attaccata tra il 2011 e il 202 ha preso un bagno, compreso Soros che nel giugno scorso le aveva dato tre mesi di vita. Se ci riprova sarà ancora peggio perché la Bce è pronta a fare tutto, ma proprio tutto, per difendere l’euro. Ma quante cartucce ha ancora Draghi? Ed è davvero in grado di spararle tutte?

Europa e Giappone già in piena trappola della liquidità

L’Economist ne dubita. “Dov’è finita la Bce?”, si chiede. Latita mentre la Nippon Ginko spende e spande per portare l’inflazione, oggi negativa, al due per cento. Anche se molti sostengono che non ci riuscirà. L’obiettivo andrebbe realizzato in due anni, troppo poco per invertire una deflazione che dura da un quarto di secolo. Attenti, dunque, alle nuove mode: il governatore Haruhiko Kuroda arriva troppo tardi, quando la Federal Reserve sta già discutendo di ritirare un po’ dei dollari stampati perché l’economia, sia pur a balzelloni, s’è rimessa in moto. Oggi la domanda che tutti si fanno non è perché ci sia poca moneta nel mondo, ma perché ce n’è così tanta e non si trasforma in investimenti. Insomma, Europa e Giappone sono in piena trappola della liquidità.

L’attivismo di Draghi

Draghi, del resto, ha fatto già molto. Ha quadruplicato il bilancio della banca centrale, ha offerto mille miliardi alle banche all’un per cento, ha comprato titoli di stato, ha messo in piedi prima il fondo poi il meccanismo permanente di stabilità, si è inventato l’Otm, cioè lo scudo salva stati, ha lanciato messaggi forti come quello della scorsa estate. Adesso, la sua voce s’è fatta roca a forza di gridare nel deserto.

Il vero problema delle banche

Il presidente della Bce si è dato un calendario e lo ha fatto capire anche giovedì. E’ pronto a ridurre i tassi di interesse, ma tiene la mossa in standby, prima potrebbe intervenire sul mercato, anche con acquisto di titoli privati in modo da fornire direttamente denaro alle imprese. Come fa la Federal Reserve, ma con un limite di fondo: l’80% dei flussi in Europa passa attraverso le banche, negli Usa meno della metà. E le banche europee hanno in pancia troppi titoli marci (vedi Deutsche Bank), troppi titoli di Stato ad alto rischio (le banche italiane), troppi crediti inesigibili (in Italia, in Spagna, in Francia, ormai in tutta l’Europa colpita dalla recessione). A fronte di tutto ciò, non posseggono abbastanza patrimonio. Non spetta alla Bce ricapitalizzarle, ha ricordato Draghi. Ma è proprio questa debolezza a bloccare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, impedendo che la riduzione dei tassi d’interesse si trasformi in prestiti a famiglie e imprese, in nuovi investimenti.

Draghi come Gulliver ostacolato da mille lillipuziani

Il presidente della Bce si sente come Gulliver legato a terra da mille lillipuziani. Fuor di metafora, i nanetti che imprigionano il gigante sono i governi senza strategia, le banche senza capitali, gli interessi costituiti che bloccano le riforme strutturali, gli eurocrati che dicono sciocchezze come Joeren Dijsselbloem, il ministro olandese capo dell’eurogruppo, secondo il quale l’esproprio dei depositi come a Cipro è un modello da seguire. E via di questo passo.

La solitudine di Francoforte

La verità è che la Bce è stata lasciata sola. Angela Merkel un anno fa non si è messa di traverso, adesso vuole vincere le elezioni e liscia il pelo al conservatorismo teutonico. François Hollande s’è dimostrato un peso piuma, l’Italia è sprofondata nell’ingovernabilità permanente. Gli altri paesi o sono stati salvati dal crac (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna, Cipro) o lo saranno (Slovenia). Benelux, Austria e Finlandia fanno quel che dicono i tedeschi. Cioè aspettano sulla riva del Reno e del Danubio. Vuoi vedere che a forza di sentire Soros gridare al lupo al lupo, qualche belva si materializza per davvero?

Stefano Cingolani

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