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Lombardi e il socialismo di sinistra che piace al Pd

Torna d’attualita’ la lezione culturale ed umana prima che politica ed economica, da un paio d’anni al centro dell’interesse della ‘gauche’ del Partito Democratico, di un politico scomodo per onesta’ e  rigore e profondamente laico tanto da disporre per se’ la cremazione senza riti religiosi: Riccardo Lombardi, cui la ‘Fondazione Basso’ dedica il convegno ‘Lombardi 2013′, in programma domani e giovedi’. Acomunista, ne’ filo ne’ anticomunista, il primo prefetto di Milano liberata dal nazi-fascismo, sognava sin dal 1967, “una societa’ piu’ ricca perche’ diversamente ricca”, non piu’ povera, in stile ‘francescano’ oggi di moda, ne’ austera e piu’ triste. Ma ‘diversamente ricca’, nel rendere fruibili a tutti quei beni materiali – lavoro, salario, casa – necessari alla sopravvivenza e quei beni immateriali – cultura, istruzione, formazione continua, tempo libero, qualita’ della vita – indispensabili all’identita’ e crescita personali di ciascuno. Piu’ sobria nell’impiego delle risorse, ma intransigente nella lotta contro la burocrazia, gli sprechi, le rendite ed i parassitismi, e infine piu’ allegra, perche’ non si tratta di ‘vivere meglio’ ma diversamente. Al primo posto della sua visione ‘umana’ dell’economia, metteva la massima occupazione. Cosi’ nel 1946 redargui’ Alcide De Gasperi: “[…] Non c’e’ nessun altro problema […] che sia cosi’ essenziale come quello della disoccupazione […] Si sacrifichi qualunque altra cosa, si sacrifichino anche dei principi ma il problema della disoccupazione deve essere risolto […] E’ necessario che questa gente abbia il minimo indispensabile per una vita civile”. Come? Con una drastica riduzione dell’orario di lavoro. “Chi ha detto che molti debbono lavorare sei giorni alla settimana […] sette o otto ore al giorno e il resto della popolazione, uomini e donne, non debbono lavorare?”. Assicurato un lavoro, un salario e una casa decenti, andavano resi disponibili altri ‘beni’, la cultura, l’istruzione, il tempo libero, la formazione continua, la qualita’ della vita: cose che oggi rientrano nei ‘beni comuni’, universali e relazionali. Proponeva una alternativa al sistema capitalistico (“il capitalismo e’ diventato troppo costoso per l’umanita’”) e al neoliberismo (“il mercato va regolato e non lasciato libero”, come avvenne nel ’29) mediante le riforme di struttura e l’intervento attivo dello Stato. Corrispondeva a quella che in ‘Lettere a Marta’, Antonio Giolitti – uno degli ‘amici compagni’, come Bruno Trentin, Vittorio Foa, Fernando Santi, Giuseppe Di Vittorio, Fausto Vigevani, Giorgio Ruffolo – chiamava “l’alternativa credibile, affidabile, praticabile”. A evocarla il 4 maggio scorso, fu il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Chi fa politica a sinistra oggi dovrebbe leggere un testo di Giolitti che definisce l’alternativa come credibile, affidabile e praticabile […] l’alternativa la si immagina cosi’ o si resta all’opposizione. Sono passati 15 anni da questo scritto di Giolitti […] ma tutto questo resta vero”. Nota lo storico Gianluca Scroccu, uno dei relatori al convegno: “Studiare personalita’ come Lombardi e Giolitti finite nel dimenticatoio, aiuta a capire perche’ la sinistra si trova in una precaria situazione: e lo dimostra il richiamo di Napolitano a Giolitti. E’ fondamentale individuare prima il profilo culturale e politico, poi la ricerca della formula politica in senso stretto piu’ adeguata: finora si e’ proceduto saltando il primo elemento”. Cosi’ come a richiamarsi alle riforme di struttura o strutturali e’ stato – a partire dal 2007 – il prof. Mario Monti inseditosi a Palazzo Chigi a novemvre 2011 e seguito a ruota da Eugenio Scalfari. “Oggi Lombardi, che si batteva contro le rendite, forse, nel contesto attuale, sosterrebbe – osservava Monti – non tanto la nazionalizzazione dell’energia elettrica, ma la riforme di struttura che combattono i privilegi delle corporazioni e frenano lo sviluppo del Paese”. Per Monti le riforme di struttura sarebbero compatibili con le liberalizzazioni. A ruota Scalfari spiegava: “[…] Monti e’ un riformista e un innovatore. Ci può essere una destra riformista e innovatrice e una sinistra riformista e innovatrice”. Qualche nome? Lombardi con Giolitti venivano messi insieme a Einaudi, Varoni, La Malfa, Visentini, Mattioli, Saraceno, Andreatta, Ciampi e Lama. Tutte persone rispettabili, ma lontane dalla visione di Lombardi e Giolitti. Operazione mistificatoria, mediatico e culturale, questa di mettere Lombardi e Giolitti, che si sono battutti per una alternativa al sistema, per una “sinistra riformatrice, laica e di governo” , con persone come Monti di ben altra formazione culturale ed economica! E questo intervento di Monti cinque anni dopo veniva riproposto (!) integralmente sul quotidiano ‘Il Riformista’, in coincidenza con il suo insediamento a Palazzo Chigi! Chiosa oggi il filosofo Michele Prospero, altro relatore al convegno: “Siamo alla contraffazione semantica della dizione lombardiana, siamo esattamente all’opposto: non gia’ alla diffusione di nuovi poteri e all’allargamento dei diritti, non la lotta contro rendite e parassitismi, non al superamento del capitalismo per la naturale transizione al socialismo, come si proponeva Lombardi, ma alla demolizione dei quei diritti acquisti, in funzione dell’egemonia dei poteri finanziari”. Per Lombardi e Giolitti le riforme di struttura avevano un senso diametralmente opposto a quello ad esse attribuito da Monti: servivano a riformare radicalmente il capitalismo, a incidere sullo status quo come fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica, a redistribuire il potere verso la ‘povera gente’, i lavoratori. Come fu la legge di civilta’ dello Statuto che nel 1962, in una lettera al Presidente del Consiglio, Amintore Fanfani, Lombardi pretese di mettere all’ordine del giorno: “[…] se non moltissimo si puo’ fare in fatto di retribuzioni tuttavia il governo di centro-sinistra dara’ un bene piu’ prezioso e pregiudiziale: un nuovo clima nei luoghi di lavoro, maggiore liberta’ sindacale e dunque politica”! O la scuola media unica! Non si fecero due grandi riforme: quella dei suoli, per eliminare la rendita fondiaria e quella del sistema bancario per penetrare, “una rocca inespugnabile che ha gia’ fatto troppi danni”, come disse alla Camera dei Deputati nel ’70 criticando ‘l’elegantissimo uomo’, il Governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, per incapacita’ o non volonta’ nel contrastare l’espatrio dei capitali e lo stesso Scalfari per aver giustificato “la tecnica seguita, non solo di tollerare, ma favorire l’esportazione dei capitali allo scopo di sfuggire alla pressione internazionale”. Contrario al compromesso storico e ai governi di solidarieta’ nazionale del 1976, sosteneva la necessita’ di un programma comune delle sinistre per contrastare l’offensiva in arrivo delle destre in Europa. Illuminante il discorso a braccio del 1981 sulla crisi della socialdemocrazia: “[…] Lo stile di vita. E’ qui che nasce la grande ipotesi socialista, e’ qui che finisce la socialdemocrazia e finisce nobilmente anche, per l’esaurirsi delle condizioni che l’hanno resa possibile. O si trova una soluzione socialista o siamo alla barbarie”. Di recente un ‘giovane turco’, Andrea Orlando ha osservato: “[…] Le tradizionali ricette socialdemocratiche non piu’ sufficienti […] ma allo stesso tempo dobbiamo riconoscere che e’ fallito il modello della sinistra liberista. C’e’ bisogno di un progetto diverso […] non basta rinnovare i gruppi dirigenti, e’ necessario rinnovare la cultura politica”. E Prospero aggiunge: “E’ del tutto ovvio che dal momento in cui il Pd si e’ incamminato su una nuova vicenda culturale, non puo’ non fare riferimento ad una delle figure piu’ prestigiose del socialismo italiano, dalle sensibilita’ liberal-democratiche radicali ed azioniste, dalla precoce critica al modello sovietico e dalla forte autonomia culturale: Lombardi appartiene a tutta la sinistra italiana”. Come sostenne Trentin ad un convegno in onore di Vigevani.  “[…] Comprendo l’amarezza che serpeggia nelle parole di Nerio Nesi, pero’ per chiunque di noi creda ancora in un movimento socialista plurale come parte di grandi schieramenti e alleanze Lombardi è un uomo nostro, spesso combattuto da quelli ai quali proponeva in buona sostanza, nel Psi come nel Pci, una uscita dal trasformismo e l’ancorarsi ad una strategia di riforme […] Lo stesso animo lo ha portato a sostenere il programma comune con il Pci, osteggiato e sbeffeggiato da alcuni dirigenti di quel partito, fra i quali Giorgio Amendola, di cui ricordo bene la polemica di quel momento”. Rimettere al centro della riflessione culturale e politica personalita’ come Lombardi e Giolitti, che consideravano il partito uno strumento per ‘la transizione al socialismo’ e non un fine per la carriera e il vantaggio personali, e quanti furono alla loro altezza, puo’ essere la via giusta per la ricomposizione della sinistra. “Se questo del socialismo di sinistra dovesse essere il punto di discussione e di dialogo, noi ci stiamo, siamo pronti”, annuncia entusiasta il leader della ‘sinistra socialista’ del Psi, Franco Bartolomei. Quel che stona, da ultimo, e’ l’assenza al convegno di storici ed intellettuali che ebbero rapporti personali ed intellettuali con Lombardi (come Giuseppe Tamburrano o Paolo Leon, Giorgio Ruffolo, ad esempio) e la presenza di chi con la storia di Lombardi c’entra poco o nulla (come Enzo Bartocci e Paolo Franchi, ad esempio). La scelta dei relatori e’ stata fatta secondo gli organizzatori, in base a “[…] persone che hanno direttamente avuto rapporti politici o intellettuali con Lombardi”, e della “[…] omogeneità della discussione”, criterio aborrito dall’Ingegnere socialista!

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