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Le aziende italiane sembrano imprese cinesi. Le bizzarre tesi di Bruxelles

Le imprese italiane sono troppo piccole, incapaci di crescere e di innovare, e troppo specializzate negli stessi settori a bassa tecnologia e in cui operano le economie emergenti, ben più competitive.

E’ una critica piuttosto radicale al ‘modello’ italiano, finora motivo di orgoglio per gli imprenditori e i politici del Paese, che viene dal rapporto sugli squilibri macroeconomici dei paesi membri, pubblicato oggi dalla Commissione e presentato a Bruxelles dal commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn.

La performance delle esportazioni italiane, afferma il rapporto, “continua a soffrire a causa di un modello di specializzazione dei prodotti non favorevole e della limitata capacità delle imprese di crescere” nelle proprie dimensioni. “Il modello di specializzazione italiano – sottolinea la Commissione – è molto simile a quello dei mercati emergenti come la Cina, con la maggior parte del valore aggiunto nei settori tradizionali relativamente low-tech”; ciò è dovuto “principalmente alla limitata capacità di innovazione delle imprese italiane”.

Il rapporto rileva inoltre che “la predominanza di micro e piccole imprese mette in luce le difficoltà delle aziende italiane di crescere e diventare attori internazionali, in ragione delle barriere istituzionali e normative, delle caratteristiche strutturali delle imprese e di un ambiente non ‘business-friendly'”.

Questi fattori, inoltre, osserva la Commissione, “limitano il flusso di investimenti stranieri diretti, impedendo all’Italia di trarne vantaggio” direttamente e anche indirettamente, attraverso “il trasferimento di capitali e di conoscenza, un aumento del coinvolgimento nel commercio mondiale e l’impulso per un ambiente imprenditoriale più competitivo e un management delle società più moderno”.

Il rapporto di oggi presenta solo un’analisi ‘grezza’ degli squilibri macroeconomici di 13 Stati membri, ma a fine maggio la Commissione ne trarrà delle raccomandazioni specifiche, indirizzate a ciascun paese. Raccomanderà la Commissione all’Italia di rinnegare la sua vocazione imprenditoriale e smantellare il suo modello di sviluppo industriale, abbandonando i settori tradizionali ormai occupati dalla Cina e dagli altri emergenti?

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