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Ecco gli effetti collaterali dell’asta record del Tesoro

La partenza è stata a razzo per le adesioni alla seconda giornata dell’asta dei Btp Italia, che hanno raccolto più di mezzo miliardo di euro nei primi quindici minuti di contrattazioni. Dopo una prima giornata da record, con adesioni per quasi 9 miliardi di euro, nel secondo e ultimo giorno di collocamento, ha toccato alla chiusura adesioni per oltre 8 miliardi. In due giorni gli ordini raccolti sfiorano così i 17 miliardi di euro. Con l’annuncio della chiusura anticipata a questa sera, due giorni prima della scadenza ufficiale, gli investitori sembrano hanno dunque colto l’ultima finestra disponibile per i Btp Italia, titolo indicizzato all’inflazione e che offre un rendimento minimo garantito del 2,25%. Ma il Tesoro può davvero e solo festeggiare?

Chi ha comprato il nuovo Btp

Chi ha comprato il nuovo BTp decennale? “Sicuramente – spiega Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore – gli investitori istituzionali italiani, le banche italiane che si tengono stretti i miliardi presi in prestito con le due Ltro triennali della Bce. Forse qualche acquisto isolato da parte di conti esteri c’è stato, ma poca cosa. Gli stranieri che detengono i titoli di Stato italiani e che sono arrivati all’appuntamento delle elezioni “lunghi”, cioè molto esposti e sovrappesati sul rischio-Italia, sono letteralmente sotto shock per le imprevedibili scelte elettorali degli italiani”.

Le aspettative degli investitori

“Se dovessero vendere oggi – prosegue la giornalista del quotidiano diretto da Roberto Napoletano – molti incasserebbero una sonora perdita. Avevano iniziato a comprare lo scorso autunno, sull’onda dell’annuncio delle Omt di Draghi, e questo gennaio avevano alzato il gomito al tavolo del rischio-Italia. L’eccitazione della sbornia del risk-on d’inizio anno ora è passata e quel che resta è un gran mal di testa elettorale. Chi ha i nervi saldi, ha deciso di non svendere i Btp che aveva messo nel portafoglio della sezione ‘hold to maturity’, da tenere per dimenticare fino a scadenza: ora resta alla finestra e aspetta”.

Un debito sempre più in mano agli italiani

Gli investitori istituzionali esteri “non detengono più una fetta pari ad oltre il 50% della torta dei Btp in circolazione e questo minor peso, calato in area 30% con la crisi del debito sovrano europeo, in questi giorni stempera gli strappi dei prezzi e rendimenti dei titoli di Stato italiani nella parte più lunga della curva. Lo stock dei Btp è però enorme, si aggira attorno ai 1.110 miliardi, e di questi qualche centinaio è in mano a non residenti: se una parte di queste posizioni dovesse essere smantellata in fretta, i danni sullo spread sarebbero gravi. Girano già proiezioni con lo spread a 400 e poi a 500, i tassi al 5%, 6% fino al 7 per cento”.

Il legame con il sistema bancario 

Secondo il Wall Street Journal è “difficile spezzare le catene che legano stretti i fardelli di debito pubblico ai tentacoli del sistema bancario. In un recente outlook il Fondo monetario internazionale ha denunciato che oggi nonostante tutto la situazione resta delicata. Quel giogo non è stato reciso. Era forte prima della scoppio della crisi del debito sovrano, ossia nel primo trimestre 2006. Lo è oggi, nel terzo trimestre 2012”.

I timori del Fmi

In Giappone e Repubblica Ceca, sottolinea il Wall Street Journal, “le dinamiche del debito pubblico sono strettamente connesse con quelle del mondo bancario. Ma anche nel micro cosmo dell’Eurozona all’Italia non va meglio. Roma è secondo gli esperti americani il terzo Paese del loro panel in cui si ravvisa questa situazione di legame troppo stretto fra debito pubblico e sistema bancario”.

I rischi e il contesto internazionale

Secondo gli esperti a volte un Paese “con un debito pubblico debole può aggravare le sfide del sistema bancario. Se, ad esempio, la situazione politica non può essere risolta come ci dimostra il caso italiano i rendimenti dei Btp potrebbero salire velocemente e le banche italiane soffrirne. Oppure i guai bancari di Cipro e della Slovenia potrebbero un giorno non troppo lontano esacerbare le sfide del debito pubblico”, conclude il Wal Street Journal.

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