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Con Marini, Bersani ha fatto esplodere il Pd. Parla Polito

Non passa Franco Marini alla prima votazione. Il Pd? Anche se non ancora ufficialmente, con la candidatura “tetrapartisan” di Franco Marini al Colle, si avvia verso una scissione di fatto, con la leadership bersaniana “liquefatta”, analizza l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito. Secondo l’ex direttore del Riformista, quando perfino la portavoce di Bersani, Alessandra Moretti, dice no all’ex sindacalista della Cisl, significa che ormai il partito è spaccato.

Bersani candida il “lupo marsicano” Marini, decisione sofferta ma in nome delle larghe intese Pd-Pdl. Quindi tutto come previsto?
“Direi proprio di no, perché lo scontro che si è aperto nel Pd alla scelta di Bersani paradossalmente mette a rischio perfino l’elezione, lo vedremo tra qualche ora. Ma anche se Marini ce la facesse ci sarebbe un singolare capovolgimento, perché un candidato del Pd viene di fatto trasformato in un successo del Pdl. La sorpresa è notevole, non mi aspettavo un tale livello di divisione al Nazareno”.

Ma il compromesso bipartisan non ha l’effetto di tradire prospettive e attese?
“Intanto è ‘tetrapartisan’, perché oltre a Pd e Pdl, su Marini convergono Lega e Scelta civica: quattro forze politiche su cinque, la cosa non è irrilevante. Anzi, direi che questo è l’aspetto positivo del metodo di Bersani che ha detto di voler scegliere la persona che può avere la maggioranza e l’unità in Parlamento. Adesso lui è formalmente sostenuto da quei quattro partiti, con i soli grillini a dire no. Assieme a Sel, contraria. Però ciò è curioso, in quanto i vendoliani sono di fatto un pezzo del Pd, senza il quale non avrebbero l’attuale composizione parlamentare. Insomma, è la solita rottura della disciplina elettorale”.

Renzi lo epiteta come un tradimento al Paese: quanto è condannato alla distruzione il Pd?
“Ormai si comporta come il leader di un partito a sé, se oggi i suoi parlamentari voteranno compatti contro la scelta del partito, posiamo dire che una scissione di fatto sarà già avvenuta. Poi, formalmente non so quanto durerà la convivenza in questa specie di comune che è diventato il Pd, ma quando un gruppo in parlamento si muove sulla base delle decisioni di un leader diverso dal segretario di quel partito, allora siamo in presenza di un partito nel partito. Ciò tutto sommato era prevedibile. Invece è sorprendente l’esplosione di malumori, critiche e ribellioni di un’amplissima fascia di dirigenti democratici che fanno capo alla maggioranza e che sono stati dalla parte di Bersani nella battaglia per le primarie. Quando il suo portavoce, Alessandra Moretti, si astiene sulla proposta Marini così come ieri è avvenuto, al pari di un membro della segreteria come Orfini, allora siamo difronte ad una liquefazione della leadership di Bersani”.

A breve termine?
“Il quando è difficile dirlo, perché con l’avvicinarsi di nuove elezioni nessuno abbandona il partito in cui si sta. E farsene uno nuovo costa molto e richiede tempo. Per cui non credo ad una scissione formale, ma penso che siamo dinanzi ad un’esplosione”.

Secondo i ribelli del Capranica così il partito muore. Anche perché, poi, si fa sopravvivere ancora (ri-legittimandolo) il Pdl?
“Ma c’erano anche altri candidati che avrebbero ottenuto il voto di Berlusconi. É chiaro che una parte del Pd avrebbe voluto sul Colle una personalità eletta senza i voti del Pdl e contro il Cavaliere: una posizione politica legittima, ma non coincidente con lo spirito della Carta Costituzionale, la quale invece propone di unire il Parlamento intorno a un Capo dello Stato, non di dividerlo. Come più volte lo stesso Renzi ha detto, in molti avrebbero voluto un accordo con Berlusconi su un nome condiviso, ma il sindaco di Firenze dovrebbe sapere che anche molti altri candidati avrebbero potuto registrare la più ampia unità possibile. Ma sarebbero stati ugualmente contrastati all’interno della sinistra: certamente Amato, per cui si temeva un gran numero di franchi tiratori; D’Alema non ne parliamo; Finocchiaro è stata impallinata personalmente e scortesemente da Renzi. Quindi, mi chiedo, quale nome condiviso sarebbe stato meglio di Marini?”

Sta dicendo che la questione non è nominale ma squisitamente politica?
“Certo. Una parte della sinistra usa come cartina di tornasole del proprio giudizio sulle operazioni politiche e sugli uomini il loro grado di antiberlusconismo. E Marini non lo è abbastanza per quel mondo”.

twitter@FDepalo

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