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Il Pd di Bersani non è più un partito

“Neanche durante la Prima Repubblica accadeva che i candidati al Colle fossero lasciati allo sbaraglio”, ammette Giorgio Benvenuto, già segretario della Uil ed ex deputato dell’Ulivo nella quindicesima legislatura, commentando con Formiche.net il flop prima di Marini e poi di Prodi. E circa le dinamiche interne del Pd, ammette che almeno “Renzi agisce alla luce del sole”.

Pd e Sel nel caos: solo colpa dei franchi tiratori?

Non solo per i cento voti in meno del previsto per Prodi, ma anche le schede bianche che non dovevano esserci.

Circolano già voci di un congresso invocato per il Nazareno: la segreteria di Bersani è al capolinea?

Sono rimasto molto rammaricato circa ciò che è accaduto sulla candidatura di Marini, anche se alcuni segnali li avevamo avuti, in quanto all’assemblea del Capranica era emersa una forte opposizione. Non è comprensibile oggi che la situazione sia diventata ben peggiore di quella che si era creata con Marini perché Prodi è stato designato all’unanimità, addirittura per acclamazione. Più che al segretario mi rivolgerei alle posizioni dei votanti: che le esplicitino prima allora. Mi auguro ci sia più di un chiarimento, e fino in fondo. Non è pensabile che si voti all’unanimità e poi in Aula si disubbidisca a quell’impegno.

Crede che Bersani non abbia gestito al meglio i candidati Marini e Prodi?

Non sono incaricato di trovare capri espiatori, dico che la responsabilità l’abbiamo tutti. Credo che nei confronti di Marini non ci sia stato un comportamento corretto da parte di tutto il partito. Non si mandano allo sbaraglio le persone: è capitato con Marini, sta capitando con Prodi. Nemmeno nella Prima repubblica avvenivano episodi di questo genere.

Perché il Pd non ha deciso di convergere su Rodotà votato dal Movimento 5 Stelle?

Perché il Pd è un partito che guarda al centro, a destra e a sinistra. Quindi quando fa una scelta rischia di non mantenere la propria unità. E’ frutto di un delicato equilibrio, nel quale il risultato del malconvivere di posizioni moderate con altre di sinistra finisce per non sfociare in un voto o in una decisione o in un congresso. Ma porta a situazioni di assoluta ingovernabilità.

Berlusconi sull’Aventino che scenari apre?

Ha un grande vantaggio: da una situazione nella quale non aveva il pieno controllo del partito, è arrivato a quel risultato elettorale, mostrando un gruppo coeso, oltre ad un’alleanza con la Lega che regge. La decisione di non votare nel quarto scrutinio è facile. Aggiungo un’amara considerazione: c’è stata una fase nella quale una parte rilevante del Pd ha puntato a dividere il M5S. Paradossalmente adesso sono i grillini che dividono i democratici. Per cui diventa anche difficile governarli. Guardiamo al caso Renzi di contro. Il sindaco di Firenze si può certamente criticare, si possono condividere o meno alcune sue posizioni, ma è una persona che agisce alla luce del sole. Per cui è stato un dissenso che è avvenuto in maniera chiara e comprensibile. Ecco che diviene complesso muoversi in una situazione dove c’è sempre unanimità di facciata che dopo nasconde comportamenti assolutamente ingestibili per qualunque gruppo dirigente.

I montiani predicano unità e condivisione ma poi si votano il ministro Cancellieri: mossa sensata?

Monti è coerente con la sua posizione, vuole un governo di larghe intese. Il nome di Prodi lo avrebbe obbligato a uno schieramento che era in contraddizione con la linea scelta. Ma il risultato di oggi è francamente impressionante, direi molto più clamoroso rispetto a quello di Marini.

twitter@FDepalo

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