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Le giravolte di uno stremato Bersani

Tutto è bene quello che finisce bene per il Pd? Sarà. Certo, però, che gli applausi con cui i grandi elettori del Pd hanno accolto stamattina il nome di Romano Prodi come candidato per il Colle, sostituendo la carta di Franco Marini come successore di Giorgio Napolitano, possono soltanto celare temporaneamente una strategia zigzagante della segreteria del Pd che ha condotto il partito all’implosione.

Bersani dopo le elezioni non vinte dal Pd si è incaponito nel voler formare un governo di minoranza con il sostegno del Movimento 5 Stelle, raccogliendo solo pernacchie e irrisioni da Beppe Grillo e dai grillini. Avendo fallito nello scopo, per la partita del Quirinale ha optato per un altro metodo: coinvolgere Silvio Berlusconi, quindi Pdl e Lega, per individuare un nome condiviso per il Quirinale. Da qui nasce la carta di Franco Marini, fondatore del Pd, anche se ieri tra i Democratici si parlava di candidatura del Pdl.

L’ala renziana e prodiana del Pd ha scalciato Marini, memore anche di come e quanto Marini sia stato il protagonista della fine dell’Ulivo prodiano. Ma visto l’insuccesso della tattica da larghe intese, Bersani ha ricambiato metodo puntando a un nome che potesse compattare il Pd, escludendo questa volta, anzi facendo irritare Pdl e Lega: ovvero Romano Prodi.

Il nome dell’ex presidente della Commissione europea è fra i candidati graditi dalla base grillina, come è emerso dalle Quirinarie allestite dal Movimento 5 Stelle. Certo, il nome su cui si sono battuti in Parlamento i parlamentari di Beppe Grillo è Stefano Rodotà. Le trattative comunque fervono.

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