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Renzi for premier? Sì, è giunta l’ora di Matteo

Caro direttore, come è noto ai più, probabilmente meno ai quei miracolati definiti giustamente da un nerbuto Giuliano Cazzola su formiche.net “disoccupati organizzati che un’efficiente Agenzia del lavoro denominata M5S ha sistemato in Parlamento” conferire l’incarico a formare il governo è prerogativa costituzionale del Presidente della Repubblica. In una normale democrazia parlamentare, l’incaricato premier si presenta poi alle due camere per ottenerne la fiducia ed essere così legittimato a… lavorare.

Purtroppo, tutto il processo si arena di fronte a un sistema politico che si dimostra impotente a realizzarlo, il cui fallimento è palesato proprio dalla rielezione di Giorgio Napolitano, supplicato a rendersi ancora disponibile a un nuovo mandato dagli stessi leader di partito. Che sia colpa dei rappresentanti del popolo o dei cittadini che li hanno eletti frazionando il voto è questione che è e sarà oggetto di molte discussioni, spesso stucchevoli ed inutili.

Di fatto, non funziona ed occorre intervenire in fretta con soluzioni adeguate. La prima, a mio avviso, è quella suggerita da Giovanni Guzzetta proprio su Formiche.net, ovvero il semipresidenzialismo che è l’unica alternativa possibile all’impossibilità evidente di conseguire un bipolarismo parlamentare in grado di esprimere un governo forte e durevole,che possa agire senza essere oltremodo condizionato da veti ed interessi delle maggioranze coatte che lo sostengono.

Quindi, oggi abbiamo un Presidente che da domani si accinge a fare quello che non è riuscito nelle scorse settimane, peraltro essendo stato limitato nella sua azione dal semestre bianco e quindi impossibilitato ad esercitare quello spauracchio nei confronti dei partiti rappresentato dallo scioglimento delle Camere.

Indire nuove elezioni è certamente un’arma molto efficace di persuasione ad una maggiore responsabilità e ad evitare rigide contrapposizioni. Molti analisti, peraltro, danno l’eventuale esito ancora più incerto del precedente, addirittura pericoloso per la stabilità del patto sociale data l’azione distruttiva dei disoccupati miracolati a cinque stelle di cui sopra.

Tuttavia, è ingenuo pensare che Re Giorgio possa percorrere la via senza incorrere negli antichi, congeniti problemi di un sistema oramai al collasso. La soluzione governo tecnico non è a mio avviso la più auspicabile e percorribile: consentirebbe ai partiti di non assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese, dando ancora più voce alle istanze disfattiste di Grillo. Occorre invece un premier incaricato che già goda di un vasto consenso popolare, trasversale  rispetto al partito di appartenenza e che abbia più volte affermato la necessità di un forte rinnovamento delle Istituzioni.

Saranno per ovvie ragioni un governo e un premier a tempo: prioritarie dovranno essere le misure a favore delle imprese e delle famiglie, i tagli alla spesa improduttiva e, auspico, la riforma semipresidenzialista.

Nel contempo, mi chiedo, perché non pensare a questo governo temporaneo come una sorta di percorso di apprendistato per un giovane leader che risponde ai requisiti citati e non ha mai criminalizzato l’avversario politico? Sotto l’occhio vigile del nuovo Presidente, avrà il sindaco di Firenze il coraggio di proporsi chiaramente, assumendosi anche i rischi di un eventuale insuccesso, ma superando tatticismi e logiche di guerre intestine del suo partito, ammesso che ancora ci sia?  E’ per lui anche l’occasione di cancellare le critiche ricevute nei giorni scorsi per la questione dell’endorsement a Prodi e, soprattutto, una straordinaria opportunità di eliminare le riserve di taluni, specie nel suo partito, sulla sua adeguatezza al ruolo, preparandosi così alla prossima chiamata elettorale quale leader di coloro i quali ne condividono l’ambizione a cambiare l’Italia in chiave liberale e riformista. Poco importa se si chiamerà ancora PD o altro: importa invece che Renzi lo faccia e si distingua definitivamente dagli altri, sia il “nuovo”  nei fatti.

Forza Matteo, fuori gli attributi: come scriveva un tuo illustre concittadino “qui si parrà la tua nobilitate”.

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