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Sì, Renzi premier (e Amato super ministro)

Renzi premier. È la soluzione più quadrata che il Pd può già oggi proporre a Napolitano e ai partiti che ci stanno.

La proposta sintetizza in un unico leader tre vantaggi, peraltro ripristinati nella giusta scala di priorità: un governo per l’Italia, una sufficiente riforma del Partito democratico, magari agevolata con qualche salutare esodo, e una “rottamazione’ di idee conservatrici nel campo del centrosinistra e del centrodestra. Il tutto può funzionare, naturalmente, alla condizione che col giuramento di fedeltà alla Repubblica ed alla Costituzione, i ministri e i partiti si impegnino, concretamente, ad abbattere riserve mentali, pregiudizi, sabotaggi e doppiezze.

E’ tutta qui la fedeltà agli applausi dispensati in forma di standing ovation a Giorgio Napolitano; diversamente quegli applausi saranno iscritti nell’antologia dei clap clap battuti da masochisti squilibrati con necessità di cura psicanalitica.

Renzi può dunque fare il governo per l’Italia, il cui varo è stato il motivo della richiesta a Napolitano di svolgere un altro mandato, ed è persona che non mi sembra abbia “orrore per ogni tipo di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse”, come ha affermato il Presidente della Repubblica accolto da applausi, in un contesto post elettorale privo di un partito (o coalizione) “che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze.”

Il governo di Matteo Renzi, inoltre, butterebbe all’aria ogni rito specialistico alla mediazione impossibile e al rifiuto di quella possibile, che per lunghi anni ha riempito le giornate disimpegnate di tanti dirigenti del Pd, non allenati “al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana” (sempre Napolitano con più vigoroso applauso).

Dal momento del suo varo è prevedibile che il governo Renzi determini più d’uno a sventolare la propria bandiera in altra formazioni politiche, fondate attorno all’autolusinga della purezza e diversità; non è un auspicio, ovviamente, ma se accadesse non sarebbe un dramma.

Il gabinetto Renzi avrebbe, infine, nelle sue regole d’ingaggio la “rottamazione”, che da qualche tempo si è giustamente evoluta in rottamazione di idee costruite nei laboratori dell’ideologia, nella farneticazione conservatrice indirizzata a ricercare la sinistra o la destra perduta, come se sinistra e destra fossero l’insegna di un locale da riportare alla moda e non le cose da fare, cioè l’apporto culturale in una fase cruciale per l’Italia e l’Europa a “decisioni da prendere per il rinnovamento del paese” (ancora Napolitano, applauditissimo). Prima tra queste decisioni c’è quella di negoziare da forzuti con l’Europa tutte le politiche monetarie e finanziarie, per il cui lavoro – da ministro – il sapere e l’autorevolezza di Giuliano Amato farebbero comodo.

Sarà così? Forse sì, forse no. Unico dato certo: le cose migliori nascono solo quando gli uomini sono in grado di urtarsi, finendo einaudianamente a fare il bene proprio e quello collettivo. Che Renzi sia un gran urto non c’è dubbio, se oggi sia necessario non c’è nemmeno da discutere.

Fabiano Amati

consigliere regionale Pd della Puglia

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