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Tutti i dubbi della sinistra Pd sul governo Letta che verrà

“Stimo e apprezzo Enrico Letta con cui ho lavorato nel governo Prodi – ragiona Alessandro Bianchi, titolare dei Trasporti in quell’esecutivo e attualmente componente della direzione del Pd – ma se il Pdl ad esempio dovesse proporre Gelmini ministro, cosa accadrebbe? Io non la voterei e nel partito ci sarebbe una grossa sofferenza”.

Perché Enrico Letta è stato preferito ad Amato?

Su Letta come persona e figura politico ho il massimo dell’apprezzamento, vi ho lavorato gomito a gomito nei due anni del governo Prodi, apprezzandone le qualità personali e di abile tessitore di rapporti. Tecnicamente parlando ha tutti i requisiti per svolgere al meglio tale compito. In secondo luogo l’incarico è stato dato a un esponente del Pd, il che dopo le ultime vicende non era scontato. E dovremmo sottolineare che non è stato dato al segretario ma al suo vice.

Quindi?

Mi fa pensare che ci sia stata la volontà da parte del presidente della Repubblica di riconoscere che, comunque, il Pd è stato il primo partito. Ma la partita è capire che tipo di governo sarà.

La direzione nazionale del Pd di ieri che indicazioni ha dato?

Si è discusso in maniera non approfondita su questo punto. L’ordine del giorno che abbiamo approvato, con soli quattro o cinque no, era semplicemente l’auspicio che si formasse un governo dando per scontato che fosse di alleanza, sottolineando che le priorità per il Pd sono i nodi dell’economia e del lavoro, la legge elettorale, oltre al punto fermo dell’Europa. Un odg che non si poteva non approvare, ma il punto che non si è discusso è sul tipo di alleanza che andiamo a comporre. Due le scuole di pensiero presenti: una fa riferimento a un impegno pieno, quindi con la massima rappresentatività nel governo; l’altra propone le cosiddette ‘seconde file’.

Un nodo niente affatto secondario…

E’ un problema serio che Letta dovrà affrontare perché, facendo un esempio banale, se il Pdl dovesse proporre nella compagine governativa un nome come Gelmini, io personalmente non lo voterei. E credo ci sarebbe una forte sofferenza all’interno del partito per quella che considero il peggior ministro dell’istruzione della storia repubblicana italiana. Identico discorso per nomi come Gasparri. Ciò comporterebbe una sicura presa di distanza da componenti non secondari del Pd.

Se, come Giorgio Napolitano ha ribadito, la cartina di tornasole dell’esecutivo dovesse essere il lavoro dei saggi, come potrebbero conciliarsi, ad esempio, iniziative come il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga con la riforma Fornero?

La contraddizione è già nei fatti. Nel momento stesso in cui il Pd, avendo votato il provvedimento Fornero lo ha votato stringendo i denti, subito dopo ha detto che bisogna correggerlo. Non c’è dubbio che questo aspetto causerà punti di frizione, e ve ne saranno molti altri. Penso a cosa accadrà sulla giustizia, su cui non posso accontentarmi di sentir dire che i problemi veri del Paese sono solo dell’occupazione e che quindi è inutile occuparci del conflitto di interessi o della corruzione. Non potrei accettarlo in qualità di esponente di un versante che quelle cose le ha chieste a più riprese.

Ma Renzi era davvero fuori dalla rosa?

Credo sarebbe stata una scelta sbagliata, ma non lo dico perché non condivido in buona misura le sue posizioni, non è questo il punto. Fin quando introduce una dialettica nel Pd con tutte le asperità che ci sono state fa parte del gioco. Ma difronte ad una crisi profonda data da centro persone di cui penso il peggio possibile, che al mattino dicono sì a Prodi salvo poi impallinarlo dentro le urne, un simile coniglio estratto dal cappello mi sarebbe parso incomprensibile. Avrebbe ancora bisogno di un rodaggio per un incarico simile.

Che Pd nascerà dal prossimo congresso?

C’è una sostanziale separazione da Sel. Quella che si prepara è l’ennesima rifondazione a sinistra, cosa della quale sono massimamente preoccupato perché, al di là dei contenuti, c’è una lunga esperienza simile alle spalle che finiscono per isolare la sinistra stessa.

Quindi meglio un Barca segretario “alla gauche” nel Pd?

Ds e Margherita sono in sofferenza, per quanto riguarda i reciproci rapporti. Di qui la domanda su cosa rappresentino quei cento che ci hanno fatto fare una magra figura sul nome di Prodi. Un passaggio significativo, in quanto certamente non possiamo andare avanti con un partito in cui un quarto è inaffidabile. La situazione è palesemente sfuggita di mano al segretario uscente. Ho ben visto all’opera Barca come ministro, non so quale caratura abbia come politico, né so se andrà nel campo di Sel o resterà nel Pd. Dico solo che alla seconda ipotesi sarei molto interessato.

twitter@FDepalo

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