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Per le comunicazioni dell’Africom gli Usa si affidano ai satelliti cinesi

Al Pentagono serve banda per le proprie comunicazioni e per averla si è rivolto ai cinesi. Dimenticate le polemiche che hanno bloccato negli Usa società di telecomunicazioni come Huawei e Zte accusate di essere troppo vicine al governo di Pechino e quindi un pericolo per la sicurezza nazionale Usa, da un’audizione di un comitato parlamentare lo scorso 25 aprile è spuntata la notizia di un contratto da 10,6 milioni di dollari per l’uso di un satellite commerciale cinese per fornire banda a sufficienza per le comunicazioni dell’Africa Command.

“La banda era disponibile soltanto attraverso il satellite cinese”, ha detto il funzionario del ministero, Doung Loverro, nel giustificare la scelta dell’Apstar-7 di proprietà di una controllata della società statale China Satellite Communication Company, al cui vertice siede Wen Yunsong, conosciuto anche con il nome inglese di Winston Wen, figlio dell’ex premier Wen Jiabao.

Il Pentagono ha inoltre voluto garantire per la sicurezza sia dei collegamenti criptati sia di ulteriori misure per salvaguardare i dati trasmessi. Per il repubblicano Mike Rogers, che presiede il comitato sul programma spaziale, il contratto espone i militari Usa al rischio che la Cina possa chiudere a suo piacimento “occhi e orecchie” americane. Per il democratico californiano, John Garamendi, citato da Bloomberg, il contratto stipulato tramite la società statunitense Artel LLC conferma i dubbi sulla mancanza di coordinamento tra gli uffici del ministero della Difesa che si occupano di sorveglianza, sistemi e intelligence.

Come ricorda il blog Danger Room per soddisfare l’appetito di banda della forza militare Usa nell’ultimo decennio si è fatto sempre più ricorso ai satelliti commerciali e in futuro questa tendenza potrebbe continuare. Il blog della rivista Wired cita uno studio del 2008 secondo cui la domanda di satelliti per le comunicazioni crescerà in un decennio da 30 gigabit al secondo fino a 80 gigabit. La Cina è pronta a soddisfare questo bisogno in particolare in zone come l’Africa dove ha forti interessi strategici e commerciali.

E a guardare verso Pechino in materia di tecnologia satellitare sono anche i Paesi del Sudest asiatico. Dopo la Thailandia anche Laos e Brunei hanno siglato un accordo per adottare il sistema di navigazione satellitare cinese Beidou, alternativo allo statunitense GPS, con una serie di accordi ricerca e cooperazione.

Il sistema copre già tutto il Sudest asiatico e entro il 2020 dovrebbe estendersi a tutto il pianeta. Entro la stessa data Beidu dovrebbe inoltre coprire tra il 70 e l”80 per cento del mercato domestico, secondo quanto detto dal portavoce del China Satellite Navigation Officie, Ran Chengqi. Una versione iniziale è già in uso per controllare il traffico in nove tra province e città. Nei prossimi decennio sono previsti inoltre investimenti per 40 miliardi di yuan (4 miliardi di euro) per sviluppare il sistema che attualmente conta 16 satelliti.

Il ministero per la Scienza e la Tecnologia, ha sottolineato il South China Morning Post, non ha reso pubblico l’ammontare dell’avvio del progetto nei due Paesi del Suest. In Thailandia, con cui l’accordo è stato raggiunto ai primi di aprile, si parla invece di 2 miliardi di yuan (200 milioni di euro, la maggior parte dei quali messi dallo stesso governo cinese.

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