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Violante sbugiarda il presidenzialismo alla Renzi e Berlusconi

Il presidenzialismo di tipo americano o il semipresidenzialismo di tipo francese è una delle tante proposte di riforma istituzionale sul tavolo del nuovo governo Letta. L’idea di un “sindaco d’Italia” è uno dei cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi e anche Matteo Renzi l’ha lanciata nella sua intervista a Repubblica di due settimane fa.

Ma “occhio” sembra dire Luciano Violante, uno dei saggi nominati da Giorgio Napolitano ed esponente di rilievo del Partito Democratico. In una conversazione con l’Unità di ieri, l’ex magistrato traccia un parallelo tra questo sistema di governo e quello parlamentare: “I sistemi presidenziali sono rigidi, e rischiano di spezzarsi proprio perché non prevedono la necessità di un vincolo di maggioranza parlamentare omogenea al colore politico del presidente. Penso alle difficoltà che ha Obama per cercare volta a volta una maggioranza che approvi le sue proposte. E quelle che incontra Hollande addirittura con la propria maggioranza socialista”.
I sistemi parlamentari invece, fa notare Violante, “garantiscono una maggioranza di governo e sono più flessibili: il settennato di Giorgio Napolitano lo ha dimostrato”.

Il presidenzialismo poi, avverte l’ex presidente della Camera è impensabile senza una serie di leggi di contorno fondamentali: “Conflitto di interessi, rapporto con i sistemi di comunicazione, regole per le campagne elettorali, rigorosi contrappesi istituzionali attraverso i poteri del Parlamento e la assoluta indipendenza delle Autorità giudiziarie e della Corte costituzionale”.

Il saggio del Pd lancia anche la sua proposta per la riforma della legge elettorale, altro tema non prorogabile nell’agenda di governo. Come Letta, Violante crede sia opportuno tornare al Mattarellum ma con alcune varianti: “Eliminando lo scorporo e prevedendo nel caso i cui non si raggiungesse la stessa maggioranza nella Camera e nel Senato, come oggi, un ballottaggio tra le prime due coalizioni. Chi vince distribuisce il premio di maggioranza tra Camera e Senato. Per tutto sarebbe sufficiente un solo articolo di cinque commi”.

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