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Il ruolo dell’Opus Dei nella Chiesa di Papa Francesco

Si è discusso a lungo, in queste prime settimane di pontificato di Papa Francesco, di quali siano le sfide che il nuovo pontefice dovrà affrontare. Riforma della curia e maggiore trasparenza nelle finanze vaticane sono state senza dubbio le sfide più “gettonate” in quella sorta di “sondaggio” che ha trovato spazio in tutti i giornali italiani ed internazionali. C’è però un aspetto che sembra essere stato sottovalutato, ovvero la necessità di intervenire, e bisogna farlo al più presto, per far fronte al drastico calo di vocazioni che ha colpito la Chiesa cattolica, in particolare in Europa.

Un problema, quello delle vocazioni, che sembra toccare solo marginalmente l’Opus Dei, fondata nel 1928 da San Josemaria Escriva, come dimostra l’imponente cerimonia che si svolgerà questo pomeriggio nella Chiesa di Sant’Eugenio a Roma: il prelato dell’Opus Dei, Javier Echevarria, ordinerà 31 diaconi provenienti da 12 differenti Paesi, per la maggior parte al di fuori dell’Europa. Una cerimonia, quest’ultima, che va ad aggiungersi alle 35 ordinazioni sacerdotali che hanno avuto luogo solamente un anno fa.

Un percorso, ed un compito, ben preciso
Ma chi sono questi 31 diaconi che riceveranno oggi l’ordinazione sacerdotale dalle mani del prelato dell’Opus Dei? Si tratta, in particolare, di fedeli laici dell’Opus Dei, che da parecchi anni sono entrati a far parte della Prelatura personale. Si tratta di uomini che, dopo aver fatto parte per diversi anni della Prelatura e aver manifestato la propria libera disponibilità all’ordinazione sacerdotale, hanno portato a termine gli studi necessari per l’ordinazione sacerdotale. Solo a questo punto, quindi, il prelato dell’Opus Dei li ha invitati a ricevere gli ordini sacri. Sono persone, quindi, il cui lavoro sacerdotale si svolgerà principalmente al servizio dei fedeli della Prelatura e delle attività apostoliche che questi ultimi organizzano.

Il professore di chimica e la scoperta (tardiva) della fede
Quella del professore giapponese di chimica, che verrà ordinato sacerdote questo pomeriggio, è la storia che ha colpito maggiormente. Trentanove anni, il professore Keisuke Hazama ha scoperto la fede solo all’età di 21 anni, quando sua madre, cattolica, gli chiese di “andare ad aiutare in parrocchia perché avevano bisogno di qualcuno. E così, non troppo volentieri, cominciai a dare una mano a pulire i locali della Chiesa”. E ancora oggi prova stupore quando ripensa alla storia della sua vocazione: “Pensare che a 21 anni non sapevo nulla della fede cattolica e adesso sto per diventare un sacerdote”. Nel frattempo, il battesimo ricevuto direttamente da Giovanni Paolo II nella veglia di Pasqua del 1994.

Tante storie di fede
Ma quella del professore Hazama non è l’unica storia degna di nota. Ognuno di questi 31 “aspiranti sacerdoti” ha una propria storia di fede da raccontare, necessariamente unica. C’è, ad esempio, Peter Damian Grint, ex professore universitario ad Oxford e specializzato in Letteratura francese medievale, per il quale “Dio spesso fa cambiare i progetti che uno ha. Fino ad ora ha voluto che mi dedicassi alla ricerca, ma ad un certo punto ho capito che la sua volontà era che diventassi sacerdote”. Anche Andrew Soane, inglese, riceverà oggi l’ordinazione sacerdotale dalle mani del prelato dell’Opus Dei. E’ stato in occasione della visita di Benedetto XVI in Inghilterra ad avere avuto la conferma di essere sulla “strada giusta”: “E’ stata quella sera, pregando insieme a tante persone, che ho pensato: il popolo di Dio ha bisogno di sacerdoti”. Dalle Filippine arriva invece Anthony Sepulveda, professore di informatica. Il suo modello? Papa Francesco, soprattutto per la sua vicinanza ai poveri: “Quando ho visto il nuovo Santo Padre, mi sono rallegrato perché conoscevo la sua vicinanza ai più poveri, ai più umili”.

I numeri dell’Opus Dei
Attualmente fanno parte dell’Opus Dei circa 90.000 persone, delle quali 2015 sono sacerdoti. Un ruolo importante, all’interno dell’Opera, viene giocato dalle donne, che rappresentano circa la metà dei fedeli della Prelatura. L’Opus Dei è particolarmente attiva anche in Italia, dove i fedeli sono circa 4.000, provenienti da tutti i ceti sociali. Uomini e donne che svolgono i mestieri più disparati, sia intellettuali che manuali. Una precisazione, quest’ultima, alla quale tengono molto all’interno dell’Opus Dei, spesso accusata di essere un’organizzazione elitaria composta esclusivamente da avvocati, magistrati, politici e uomini d’affari. Uomini e donne, quindi, che vedono nella santificazione dei propri compiti familliari una parte fondamentale della propria vita cristiana.

Numerari e soprannumerari: chi sono i membri dell’Opus Dei?
Numerose sono le leggende circa i fedeli appartenenti all’Opus Dei. C’è chi parla, ad esempio, di cooptazione, chi di un vero e proprio “lavaggio del cervello” che subirebbero i vari fedeli una volta entrati a fare parte della prelatura. Su queste “accuse” ha risposto, tempo fa, Bruno Mastroianni, direttore dell’Ufficio informazioni dell’Opus Dei in Italia, in un’intervista con il nostro giornale. Ma è la differenza tra membri numerari e soprannumerari il cuore dell’appartenenza all’Opus Dei. I numerari, infatti, praticano, così come i sacerdoti, il celibato, potendo così dedicarsi maggiormente alle attività formative, senza modificare in nulla la loro condizione laicale, la loro situazione professionale e la loro posizione nella società. Joaquin Navarro Valls, a lungo portavoce di Giovanni Paolo II, è forse il membro numerario dell’Opus Dei maggiormente conosciuto dal grande pubblico”. Diversa è, invece, la condizione dei soprannumerari, perlopiù persone sposate, uomini o donne, che costituiscono la maggior parte dei fedeli dell’Opus Dei, circa il 70%.

Quanto conta l’Opus Dei in Vaticano?
Su quanto sia potente l’Opus Dei nella società contemporanea si è fantasticato a lungo. E libri quali Il Codice da Vinci di Dan Brown hanno contribuito in tal senso. Certo è che l’Opus Dei, anche per quel suo essere una Prelatura personale, ha una posizione di rilievo all’interno della Chiesa odierna. Ed è proprio ad un cardinale ultraottantenne dell’Opus Dei, Julian Herranz, che Benedetto XVI ha affidato il compito di presiedere la Commissione cardinalizia d’inchiesta su Vatileaks, che dovrebbe rappresentare per il successore di Papa Ratzinger il punto di partenza per la tanto auspicata opera di “pulizia” all’interno della Chiesa. Così come membro numerario dell’Opus Dei è quel Greg Burke, giornalista americano, al quale la Santa Sede, ed in particolare la Segreteria di Stato, ha chiesto di sovrintendere alla struttura di comunicazione del Vaticano. E sempre dell’Opus Dei è Rafel Garcia Villalobos, nominato ad inizio febbraio vice dei Servizi Tecnici del Governatorato. Un ingegnere, quest’ultimo, che dovrà occuparsi della delicata materia degli appalti. Tutte nomine che, come scritto su Vatican Insider, “sono la prova della grande fiducia che Benedetto XVI ha per la prelatura dell’Opus Dei come parte della strategia di pulizia silenziosa nella curia romana”. Sarà la stessa cosa con Papa Francesco?

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