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Letta e Rajoy, insieme per combattere la disoccupazione giovanile

Una task force italo-spagnola per arrivare al vertice europeo di fine giungo con proposte concrete per rilanciare crescita e occupazione giovanile. Dopo il francese Francois Hollande e il belga Elio Di Rupo, Enrico Letta trova un altro utile alleato nella partita europea con Angela Merkel, per fare in modo che l’Europa dia risposte “immediate e concrete” alla crisi economica e sociale che altrimenti, nelle elezioni del 2014 per il Parlamento Ue, rischia far trionfare i movimenti antieuropei.

Letta, amico della Spagna

Il presidente del Consiglio viene accolto dal premier spagnolo con parole calorose. “Un amico della Spagna”, lo definisce Rajoy nella conferenza stampa seguita alla bilaterale. La sintonia fra i due è totale. Il presidente spagnolo sottolinea come crescita sostenibile e occupazione siano “elementi fondamentali” di un Europa che ha nel welfare la sua “identità comune”. Rimarca che i Paesi devono proseguire sulla strada delle riforme strutturali e del risanamento economico, ma sottolinea altresì che anche l’Europa deve “darsi da fare”.

Disoccupazione fra i giovani

L’asse è scontato: Spagna e Italia sono in cima alla classifica dei Paesi Ue con più disoccupati fra i giovani. Quella che Letta definisce la sua “ossessione”. La sintonia è piena anche su un altro tasto battuto delicato per la Germania: l’unione bancaria, necessaria per ridare fiato alle imprese strangolate da tassi di interessi che non hanno ragione d’esistere. Né Rajoy, né Letta chiedono sconti sul fronte del rigore.

Più tempo, niente sconti

Madrid, del resto, ha già ottenuto più tempo per il rientro del deficit evitando una manovra da 18 miliardi di euro. L’Italia no, ma il capo del governo è chiarissimo: Roma non chiederà sconti. Anzi intende presentarsi al vertice Ue di giugno forte della chiusura della procedura per disavanzo eccessivo. “Siamo due Paesi, Italia e Spagna, che vogliono onorare i loro impegni” ed essere “credibili” sulla scena europea, assicura parlando a nome del padrone di casa.

In questo modo, aggiunge, nessuno ci potrà dire che “siamo scolari discoli”. Un chiaro, pur se implicito riferimento, a quei “compiti a casa” chiesti da Berlino.

 

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