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Ce la faremo? Alcune idee per il premier Letta.

Per dare vita a un governo duraturo che trovi una larga legittimazione popolare, larga tanto quanto le intese parlamentari, occorre individuare degli obiettivi politici di medio e lungo periodo rispetto ai quali il paese possa ritrovarsi unito. Mi piacerebbe sentire da Enrico Letta un discorso in cui parla al paese alla stregua di un Presidente degli Stati Uniti d’America. Un discorso in cui chiede il coinvolgimento degli italiani rispetto a grandi sfide. Bisogna infiammare le forze vive del paese indicandogli una rotta, una meta che nel suo pervicace raggiungimento consenta di ottenere, lungo il percorso, anche alcuni importanti traguardi parziali. Le grandi sfide sono questioni che vanno oltre alle ricette scritte in economichese per impiegare il tempo degli economisti buoni solo a scoprire perchè le cose sono accadute. Pensate se quando Kennedy disse che l’America sarebbe stata la prima nazione ad andare sulla Luna qualche economista, in versione commercialista, messo lì al suo fianco gli avesse tirato la giacchetta facendogli notare che con quei tassi di interesse l’investimento non si sarebbe ripagato, che era meglio investire in bund tedeschi o che per prevenire problemi inflattivi doveva invece puntare a un dimagrimento della spesa pubblica. Bisogna partire da un’idea dell’Italia e degli italiani.
Bisogna immaginarsi come si vuole questo paese individuando un futuro in cui ciascuno possa ritrovarsi. In cui la fascia sociale che nel percorso individuato dal leader si trova a essere penalizzata sia disposta a stringere i denti sconfessando l’adagio tipico di questo paese che vuole tutti strenui difensori del proprio particolare. Imu, lavoro, fiscalità sono traguardi parziali, quegli obiettivi intermedi rispetto ai quali, a mio avviso erroneamente, si stanno concentrando tutti gli sforzi dell’esecutivo creando inutili e esiziali crepe negli schieramenti, fino a ieri opposti, che compongono l’attuale maggioranza.

Occorre una tregua. Pd e Pdl hanno il dovere di non utilizzare le situazioni di debolezza dell’altro schieramento a fini politico-elettorali. Il Pd si impegna a non strumentalizzare gli esiti dei processi a carico di Silvio Berlusconi. E’ ridicolo vedere tutti gli sforzi della giustizia che danneggia ogni giorno i cittadini comuni, concentrati su di una sveltina di un ricco signore.  il Pdl chiuderà un occhio nel vedere che il PD ha scelto come traghettatore un Flegias al posto di un Caronte. Il peggio esempio della concertazione, sabbia mobile da cui vorremmo uscire.

Occorre recuperare sovranità. Sovranità politica a livello internazionale. Alzare il livello dei contenuti delle proposte provando agli italiani l’autorevolezza di una politica professionale che merita i privilegi che i padri costituenti avevano previsto rispetto all’improvvisazione della società civile. La sovranità politica, senza strumenti di politica monetaria, si fa con gli strumenti della diplomazia. Una diplomazia che batte i pugni sui tavoli della burocrazia nullafacente di Bruxelles.

Occorre recuperare sovranità politica internamente. Ci vogliono fughe in avanti fondate su azioni di arretramento dello stato da alcuni settori che oggi sono delle idrovore dei conti dello stato. Le grandi imprese pubbliche. Gli ammortizzatori sociali. La sanità. I luoghi in cui gli indicatori della produttività del lavoro ad esempio sono i più bassi. Rispetto invece alle piccole e medie imprese dove, invece, c’è un sovrautilizzo delle risorse umane per far fronte ai ritardi nei pagamenti e alle difficoltà di competitività indotte dal sistema paese.
Occorre rompere quel groviglio di interessi banco centrico che si riassume nel fatto che l’80% delle aziende iscritte a Confindustria è di fatto controllata da Mediobanca, Unicredit e Intesa-Sanpaolo.
Questo governo ha il compito di dimostrare che una politica autorevole sa fare un passo indietro. Sa cedere settori e ambiti in cui fino a oggi ha imposto i consigli di amministrazione all’autoregolazione del mercato, in nome del bene comune. La lezione di Domezil: lo stato alla difesa interna e esterna. Le fondazioni per la scuola e la sanità. L’impresa solidale in tutti gli altri campi dell’economia.
La privatizzazione vuol dire, anche, aprirsi all’ingresso di investitori stranieri potrà rappresentare una prospettiva concreta solo se il sistema paese sarà più semplice. Più semplificato. Senza temere che un fondo d’investimento francese possa avvelenare il latte delle nostre mucche con i derivati, facendo confusione tra finanza e caseifici.
Infine la comunicazione. La politica che è appunto trattativa e diplomazia va fatta in segreto. Recuperando i valori che sono forse il lascito più importante del senatore Andreotti. Quella opacità che ha il sospetto del buono. Che crea la distanza necessaria per farsi camera di compensazione tra lo Stato, la sua amministrazione e i suoi fruitori. Anche qui tregua dunque. Per dodici mesi il premier Letta e la politica degli schieramenti che sostengono il governo si rifiutino di esporre la diplomazia nei talk show.

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