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Pregi e difetti della soluzione Alesina-Giavazzi. Parla La Malfa

Finalmente anche chi in questi anni è stato inerte rispetto ai problemi dell’unione monetaria inizia a cambiare idea”.
È l’opinione di Giorgio La Malfa (nella foto), politico ed economista che commenta così l’editoriale del Corriere della Sera di oggi a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi.
La Malfa è tra i primi firmatari dell’Appello per un nuovo trattato europeo, il manifesto promosso dall’economista Paolo Savona.
In una conversazione con Formiche.net parla dei vantaggi e delle insidie che un nuovo modello di Europa potrebbe riservare all’Italia.

LA CRITICA ALL’EDITORIALE
Nell’articolo del Corriere firmato da Alesina e Giavazzi si sottolinea la necessità di un modello economico europeo con meno vincoli di bilancio e più attenzione a politiche espansive. “Tutto giusto, per carità. Io e Paolo Savona lo pensiamo e lo diciamo da anni. Ma sbaglia chi crede che il Trattato di Maastricht e il Fiscal Compact siano solo un’imposizione tedesca. Gli stessi autori dell’editoriale, Alesina e Giavazzi, per anni hanno scritto dalle stesse colonne che bastava avere pochi accorgimenti e il mercato si sarebbe regolamentato da solo. Ora scoprono che non è così. La verità è che per anni in Europa c’è stata l’illusione che la sola moneta unica così congeniata sarebbe stata sufficiente a garantire al continente un futuro prospero”. E invece? “Invece serviva ben altro”.

CIÒ CHE SERVE ALL’EUROPA
Per La Malfa la visione di un’Europa fondata sull’austerità “era basata sull’illusione che gli effetti deflazionistici di politiche di rigore di bilancio fossero limitati e che bastassero pochi interventi di flessibilità e liberalizzazione del mercato del lavoro per far ripartire l’economia. Non era così. Oggi si pone problema di cosa fare: noi siamo convinti che serva un nuovo trattato che consenta di introdurre nell’Unione monetaria europea meccanismi che tutelino la crescita. L’alternativa è che l’euro si sfasci, prima o poi”.

IL RUOLO DEL GOVERNO LETTA
Mentre la crisi morde e in attesa che il processo di integrazione europea si consolidi, molti invocano per l’Italia – come fatto da Spagna e Francia – una rinegoziazione privata dei propri vincoli bilancio. Cosa aspettarci nei prossimi mesi in chiave europea dall’esecutivo in carica? L’attuale governo, crede La Malfa, “da un lato segna una positiva discontinuità dialettica rispetto al Governo Monti. Le parole che Enrico Letta usa maggiormente e che ha sottolineato nel suo discorso ai rami del Parlamento sono “crescita” e “più Europa”. Ora c’è bisogno che questo esecutivo reagisca e vada a Bruxelles dicendo che l’Italia non può più accettare questa unione monetaria. Certo, gli intendimenti di Letta sono un passo in avanti rispetto alle politiche rigoriste del precedente governo, ma non sono di per sé una soluzione al problema senza sapere come e dove si vuole andare e senza conoscere i rischi che sono dietro l’angolo”.

I RISCHI DI UN’UNIONE POLITICA
Nella sua disamina, l’ex ministro fa però un passo in avanti rispetto al manifesto di Savona, invitando a un’approfondita riflessione di ciò che potrebbe accadere a seguito di una Unione politica degli Stati membri. “Da più parti viene invocata “più Europa”, ma non si comprende bene quale debba essere. In un mio articolo pubblicato recentemente sul Sole 24 Ore, citavo un vecchio scritto di Friederich von Hayek, un conservatore che aveva però fatto nel 1939 alcune riflessioni perfettamente conciliabili con la situazione che viviamo oggi. Hayek fa due considerazioni rilevanti. La prima è che un’unione politica e monetaria non possano che camminare insieme. Ma mi ha fatto riflettere soprattutto il suo secondo spunto: mentre all’interno di uno Stato nazionale di piccole o medie dimensioni è possibile convergere su una politica economica attiva, in una federazione sarà difficile accordarsi su una soluzione che vada bene a tutti, quindi si privilegerà l’intervento privato limitando quello dello Stato. E torneremmo così al punto di partenza, con una moneta unica, magari anche un’unione politica, ma uno spazio ristrettissimo di intervento. Ciò che voglio dire – conclude La Malfa – è che anche in presenza di un nuovo trattato, potrebbe essere difficile applicare una politica attiva e interventistica se questo passo non viene preceduto da una definizione precisa dei poteri che avrà una nuova Europa politica. Se dovesse profilarsi come una copia di quella attuale, sarebbe meglio discutere di altri percorsi che evitino il collasso prima che sia troppo tardi“.

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