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Barilla cuoce Confindustria

Il mondo dell’industria non può essere lo specchio dell’inefficienza della politica. Il patron di Barilla, Guido Barilla, punta il dito contro la struttura attuale di Viale dell’Astronomia e propone una riforma e uno snellimento che escludano le aziende di servizi e le utilities. Una critica che vuole restare interna, senza essere usata come motivo per uscire dall’associazione, come ha già fatto la Fiat di Marchionne. L’incursione di Barilla arriva il giorno dell’assemblea privata della confederazione degli industriali e il giorno prima dell’assembla pubblica.

L’affondo di Barilla

Confindustria, quindi, ritorni a occuparsi dei produttori, fuori le aziende dei servizi e le utilities. In un’intervista a La Stampa, Guido Barilla, alla vigilia dell’assemblea pubblica dell’associazione di Viale dell’Astronomia, dichiara: “Confindustria deve rimettere al centro il prodotto, l’industria manifatturiera. Così come è oggi l’organizzazione non funziona: era nata per sostenere le imprese di prodotto, che questo fosse l’auto, la pasta o i tessuti, adesso, invece, è diventata rappresentante anche di interessi contrastanti, come quelli delle aziende di servizi alle imprese e delle utilities, inciampando in un continuo e concreto conflitto d’interesse”. Riferendosi, per esempio, al caro-energia, Confindustria, spiega Barilla, “non può battersi sui prezzi perché rappresenta anche le società che la forniscono”.

Il nodo delle imprese a partecipazione statale

Oggi pomeriggio, intervenendo all’assemblea “privata” dell’organizzazione imprenditoriale, Barilla punterà il dito in particolare sull’allargamento alle grandi imprese pubbliche o ex pubbliche come Eni, Enel, Poste e Ferrovie, ha anticipato alla Stampa. Un allargamento cominciato poco meno di un decennio fa e che, sostiene, “ha snaturato” la fisionomia dell’organizzazione. “Oggi Confindustria – aggiunge il presidente di Barilla – non persegue l’interesse generale delle imprese, ma interessi particolari. Rischiamo di essere uguali a quel sistema politico e istituzionale che tanto critichiamo perché non riesce a esprimere una politica industriale”.

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