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Lo Piparo: La perizia dell’Istituto non boccia e non promuove nessuno

“Di indagini su Gramsci se ne faranno ancora: la relazione-perizia sul restauro dei quaderni non boccia ne’ promuove nessuno! Ho sollevato la questione della manipolazione nella numerazione dei quaderni: essa ha prodotto una commissione e comunque nuove ricerche, ma sono convinto che altre ancora se ne faranno”. Il filosofo del linguaggio e studioso di Gramsci, Franco Lo Piparo, autore de ‘L’enigma del quaderno. La caccia ai manoscritti dopo la morte di Gramsci’ (Donzelli 2013), non recede di un millimetro di fronte alla relazione-perizia di restauro dei quaderni della commissione messa in piedi dall’Istituto Gramsci per derimere l’enigma del quaderno mancante. Lo studioso di Gramsci, che e’ anche autore e sempre con Donzelli de ‘I due carceri di Gramsci. La prigione fascista e il labirinto comunista’, con cui ha vinto il premio Viareggio 2012, non solo non recede dal suo enigma del quaderno mancante, ma rilancia: “adesso i quaderni mancanti sono due!”. La “manipolazione” dei quaderni, a suo dire, e’ oggi “acclarata, indubitabile” e soprattutto, “l’intervento sui quaderni e’ stato precoce”, forse gia’ qualche mese dopo la morte del ‘piccolo grande uomo’ di cultura e di politica, per aver preso le distanze precocemente da Stalin e dallo stesso Palmiro Togliatti. Cosa contenevano quei quaderni nascosti o distrutti che da Gramsci arrivano nelle mani di Tania e poi in quelle di Togliatti? Questo resta il grande mistero…o forse no. “Francamente sono restato perplesso dal brevissimo articolo (?) di Repubblica: poche righe per liquidare una questione storica rilevantissima. Bocciato il mio lavoro? Assurdo! La perizia non boccia ne’ promuove nessuno. Anzi, e’ possibile ipotizzare, sulla base dei risultati della perizia, che i quaderni che mancano sono due”. La questione gramsciana agita molto il mondo comunista, meglio ancora quel mondo comunista piu’ attento alla Chiesa cattolica. Perche’ proprio oggi? “Gramsci e’ giustamente il simbolo di quell’epoca storica ed e’ la sua qualita’ o caratteristica originalissima che lo rende attualissimo: e’ tra i pensatori comunisti marxisti, il solo ‘comunista liberale e laico’, non staliniano che si interessa piu’ alla cultura che alla politica per l’enorme funzione che riveste nella societa’”. Non che la politica non lo interessa, anzi: ma ad essa apporda attaverso la cultura che e’ insieme critica, studio e ricerca. Un Gramsci ‘comunista liberale e laico’ che non approva lo stalinismo, che parla di ‘divisione dei poteri’, di ‘Stato di diritto’, che tiene distinti lo Stato in quanto tale dalla Chiesa, dalle istituzioni religiose. E se queste ‘riflessioni eretiche’ fossero nel quaderno (nei quaderni) mancante quello che “Tania porta a casa di Sraffa e Sraffa non restituisce […] il XXXII di 26 pagine, che non e’ presente negli archivi della Fondazione Istituto Gramsci”? Gramsci muore il 27 aprile 1937. Il 25 maggio la cognata Tania scrive alla famiglia: “I quaderni di Antonio sono in tutto XXX pezzi…”. Se ai trenta si aggiungono i quattro di esercizi di traduzione, al momento della morte di Gramsci, nella clinica Quisisana, si trovavano dunque trentaquattro quaderni. La Fondazione Istituto Gramsci ne custodisce oggi trentatre, di cui ventinove di contenuto teorico-storico-politico. Che fine puo’ aver fatto – questo l’enigma – il quaderno assente?. La ricostruzione meticolosa di Lo Piparo sulla numerazione dei quaderni che Tania ebbe da Gramsci, e che poi giro’ a Sraffa, evidenzia una serie anomalie: per esempio c’e’ il cambio della loro numerazione da 28 a 31, 32, 33 e salta il 29 e 30; numera di nuovo gli ultimi tre – 31, 32, 33 – in 29, 30 e 31. “Al risultato del quaderno mancante sono giunto dopo un lunghissimo lavoro tecnico e filologico: l’esame, fatto per la prima volta, delle etichette e dei vari spostamenti dei quaderni che, altra’ novita’, non sono avvenuti tutti insieme! Ai piu’ sembrano dettagli, ma non lo sono: e’ attraverso di essi che sono arrivato a ricostruire, anche se non credo in maniera definitiva, la vicenda umana e politica di Gramsci. Del resto i Quaderni sono come un diario di bordo e Gramsci e’ alla ‘ricerca di una rotta’, avendo gia’ abbandonato l’ortodossia comunista e staliniana: ed in questa ricerca, dove si taglia a fette tutto il suo travaglio e la sua sofferenza per ‘il tradimento’ dei suoi stessi compagni di ventura, si avverte il retroterra culturale convergente con il liberalismo di Gobetti e dei fratelli Rosselli”. Dunque un Gramsci tradito dai suoi compagni di ventura: non solo Togliatti e Sraffa, ma anche i militanti stessi che lo insultano in carcere fino a tirargli ‘una pietra’ ben coperta con la neve! “Togliatti sa bene che Gramsci non approva politica e metodi di Stalin e ‘a modo suo’ lo protegge, dice: ‘al mio posto si sarebbe fatto uccidere’, perche’ allora non si poteva esser comunisti senza esser stalinisti: il dissenso non era ammesso e comportava la fucilazione, quando andava bene l’isolamento. Togliatti gioca d’astuzia e d’ambiguita’. Io stesso che pure non ero prevenuto su di lui, sono rimasto colpito dall’operazione togliattiana”. Rispetto al trattamento riservatogli dalla ‘vulgata’ corrente allora, persino Mussolini prese le distanze. “Il Duce stesso in un articolo che fa impressione scrive: ‘Gramsci e’ morto di malattia e non di piombo’….”. E dopo la Liberazione? “Gramsci serve al Pci per il suo rinnovamento e ripensamento. Sui Quaderni editi da Togliatti si sono formati milioni di militanti! Gramsci e’ il cavallo di Troia per la via democratico-parlamentare, si pensi all’idea gramsciana della Costituente, per il liberalismo, non quello attuale, per la socialdemocrazia. L’ambiguita’ e la doppiezza di Togliatti stanno qui: da una parte contribuisce ad una Costituzione che non ha nulla di comunista, poi si serve del pensiero di Gramsci, ma non recede il cordone ombelicale con Mosca ne’ dopo il XX° Congresso del Pcus, nè dopo l’invasione dell’Ungheria, la cui approvazione determino’ la fuga di molti intellettuali dal Pci. Questo, credo, sia stato un grande errore”. Insomma, Gramsci e’ servito per giustificare ‘la via italiana al socialismo’, ma che tale non è stata. Ma e’ servito anche per un’altra ragione, la questione cattolica. “Gramsci non osteggia la religione, non fa guerre di religione, anzi la studia e la analizza come un fenomeno culturale e popolare, ammette la pluralita’ religiosa, ma rifiuta l’alleanza politica forte con la Chiesa, come e’ stato con il Concordato! Ecco, direi che Gramsci dello stalinismo rigetta anche l’ateismo praticante e di massa perché a sua volta diventa, come e’ diventato, una religione con la promessa del paradiso terrestre nell’Urss. Rifuggiva da forme, comunque, di religiosita’ sia manifesta che nascosta. Era un liberale a tutto tondo”. I Quaderni, anche dopo ‘L’enigma del quaderno’, “non hanno esaurito la loro forza propulsiva – osserva Lo Piparo – possono offrire ancora spunti utilissimi per l’oggi, per cui vanno letti e sudiati con un approccio di laicita’, diverso dai politici, così come andrebbe ristudiato, per far piena luce, il processo del ’28 e cosa si mosse prima ed attorno ad esso”. Se cioe’ ci fu un tentativo estremo da parte del ‘gruppo comunista milanese’ di liberare il piccolo grande ‘uomo di cultura’, durante il suo trasferimento dal carcere al Tribunale Speciale Fascista! Insomma, lei ha riaperto una questione che sembrava ai piu’ chiusa. Conclude Lo Piparo: “Diciamo che il mio lavoro mi ha portato a cio’ a scontrami con la Chiesa comunista: o meglio con dei sacerdoti, visto che quell’ideologia non c’e’ piu’, e’ fallita, dal comportamento tipico di una Chiesa”.

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