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La rivoluzione dolce di Papa Francesco

La Chiesa, come si sa, è immutabile. L’affermazione, senz’altro vera, non può riguardare però ogni aspetto della sua realtà visibile e invisibile. Questo è fin troppo manifesto dal fatto che senza i fedeli la Chiesa non esiste, e questi sono esseri umani come gli altri che nascono, crescono e muoiono. Tuttavia la Chiesa è immutabile, e lo è precisamente in due volti istituzionali, cioè divini: la professione della fede e i sacramenti.

I vantaggi della Chiesa

Tutto il resto non è altro che organizzazione ecclesiastica, la quale, in misura diversa secondo i vari aspetti, è suscettibile di adattamento ai tempi e di cambiamenti. In effetti, non c’è niente di più riformabile di un organismo che sa distinguere in modo netto quanto può essere cambiato da quanto invece non è suscettibile di modifica. E la Chiesa in ciò è avvantaggiata dalla sua origine divina, dalla lunga tradizione e dalla coscienza del peccato.

Il compito diretto del Pontefice

La parte della Chiesa che è suscettibile di continui aggiornamenti è quella che potremmo chiamare la sua governance, ossia il modo in cui è gestito dalla gerarchia il rapporto tra il vertice istituzionale, il Papa, e la base, i laici. Ebbene, questo è il compito diretto del singolo Pontefice, il quale deve appunto stabilire, a partire dalla sua sovranità, le delega che intende attribuire ai vari organi.

Il portato del Concilio Vaticano II

Dopo il Concilio Vaticano II, la collegialità dei vescovi si è attrezzata di singole Conferenze Episcopali nazionali, che raccolgono appunto i vescovi di ogni Paese, e gli organismi propri della Santa Sede, in primis la Segreteria di Stato.

L’opera di Giovanni Paolo II

Durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, Carol Woytila aveva arrogato a se stesso la gestione della politica internazionale, vale a dire il rapporto diretto con i media e i governi mondiali. La funzione della Segreteria di Stato era aiutarlo nelle relazioni diplomatiche, svolte prima dal cardinale Agostino Casaroli e poi da Angelo Sodano. Mentre tutta la gestione italiana era affidata alla Cei e al cardinale Camillo Ruini. Questa scelta ha funzionato benissimo perché il carisma di Giovanni Paolo II era indiscusso e globale, mentre Ruini, uomo di strepitosa intelligenza, sapeva ben gestire i vescovi e le “cose” italiane.

L’azione di Benedetto XVI

Dopo la malattia e la morte di Wojtyla, l’avvento di Papa Ratzinger ha registrato una svolta radicale nei rapporti tra Santa Sede e Chiesa italiana. Benedetto XVI ha inizialmente arrogato a sé tutte le funzioni, anche in virtù di una precisa concezione ecclesiologica ierocratica, assorbendo la gestione dell’Italia direttamente alla Santa Sede. Checché se ne dica, ciò ha rappresentato, nella fase finale dello scorso decennio, un’impostazione positiva e importante. In un’Europa secolarizzata dove si celebrano ormai ovunque nozze gay e relativizzazioni pesanti dei principi naturali dell’etica, la sfida italiana è stata elevata giustamente a compito prioritario del magistero.

Quando sono sorti i problemi

I problemi sono emersi soltanto quando, con il passare del tempo, la funzione di governo è venuta meno e Papa Ratzinger si è concentrato quasi esclusivamente sull’elaborazione dottrinale. E’ chiaro che la Segreteria di Stato ha guadagnato una rilevanza oltremisura, divenendo il luogo gestionale esclusivo della governance pontificia, a scapito delle conferenze episcopali, in primis della Cei. Con l’andare del tempo, il Papa si è isolato e ha perduto il controllo diretto degli affari ecclesiastici, mentre la Segreteria di Stato ha assorbito tantissimo potere ed eccessive responsabilità.

L’arrivo di Papa Francesco

Con l’arrivo di papa Francesco siamo entrati, pochi mesi fa, in una terza fase, di cui ancora non sono definiti completamente i contorni. Si è subito capito che il ruolo pastorale di Bergoglio non delega ad altri la gestione della Chiesa, anche se è per ora rimasta in piedi la struttura organizzativa e gli organi ecclesiali precedenti.

Il ruolo della commissione di saggi

La creazione, tuttavia, di una commissione pontificia di saggi, che rappresentano una sorta di primo cerchio di fiducia del Papa, è chiaro che ha progressivamente spogliato la Segreteria di Stato di molte funzioni acquisite in precedenza. Francesco ama la collegialità ristretta, un principio molto praticato nel Medioevo, in grado di solidificare senza isolare il Pontefice. Il Papa così non è un re nudo e appartato, ma un commissario tecnico che sta insieme alla sua squadra di allenatori e giocatori.

L’idea di Papa secondo Bergoglio

D’altronde, un grande cambiamento è rappresentato adesso dall’interpretazione del ruolo del Papa che Francesco sta praticando. Nella sua concezione il Papa non spinge né sulla laicità dei modi, come Giovanni Paolo II, né sulla funzione separata, sacra e universale del Vicario di Cristo, ma sulla pastoralità universale del Vescovo di Roma.

Il governo pastorale della Diocesi di Roma

Ciò significa che la mansione di governo del Papa si esercita innanzi tutto nel governo pastorale della diocesi di Roma. Badate bene che in questo non c’è incoerenza con Ratzinger e Wojtyla. Un Papa, infatti, deve essere personalmente santo, universalmente sopra tutti i vescovi, esercitando però il suo ruolo nella gestione di una diocesi particolare, quella di Roma, che lo fa essere universale nel concreto. Potremmo dire che Bergoglio è tornato a fare quello che Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI hanno sempre fatto. Vale a dire, il Papa che è sopra la Chiesa stando dentro la chiesa restando saldo nella diocesi di cui è vescovo.

Il significato della conferma di Vallini

In questo senso, il riconoscimento importante del ruolo di vicario per Roma a monsignor Vallini, all’inizio attribuito e recentemente riconfermato e valorizzato nel suo ruolo diocesano, e il coordinamento con la Cei, di cui la diocesi di Roma fa parte, paiono come delle conseguenze logiche di questo recupero dell’impostazione tradizionale.

Le frasi rivolte a Bagnasco

Il suo intervento di qualche giorno fa in occasione della professione di fede con i vescovi italiani è quanto mai eloquente. Rivolgendosi a Bagnasco, il Papa ha detto: “Ringrazio Vostra Eminenza per questo saluto e complimenti anche per il lavoro di quest’Assemblea. Grazie tante a tutti voi. Io sono sicuro che il lavoro sia stato forte perché voi avete tanti compiti. Primo: la Chiesa in Italia – tutti – il dialogo con le istituzioni culturali, sociali, politiche, che è un compito vostro e non è facile. Anche il lavoro di fare forte le Conferenze regionali, perché siano la voce di tutte le regioni, tanto diverse; e questo è bello. Anche il lavoro, io so che c’è una Commissione per ridurre un po’ il numero delle diocesi tanto pesanti. Non è facile, ma c’è una Commissione per questo. Andate avanti con fratellanza, la Conferenza episcopale vada avanti con questo dialogo, come ho detto, con le istituzioni culturali, sociali, politiche. E’ cosa vostra. Avanti!”.

Una delucidazione quanto mai eloquente di quanto dicevamo prima.

Altre novità in arrivo

Attendiamoci altre sorprese del genere. Non mi stupirei, ad esempio, se in futuro non solo fosse valorizzata la funzione collegiale italiana, ma se egli assumesse un ruolo diretto nella gestione della Cei, coadiuvandosi sempre più e meglio appunto con Vallini e Bagnasco. Ciò appartiene, come si è detto, non solo alle prerogative ma alla reale funzione universale del Papa, vescovo di Roma e membro della chiesa italiana.

Il futuro della Segreteria di Stato

Quello che resta in sospeso è, invece, che ne sarà della Segreteria di Stato. C’è da dire che la sua funzione può benissimo continuare a restare nell’anonimato, come sta avvenendo in questi primi mesi anche per lo Ior e per le altre congregazioni. Il ruolo di chi le ricopre funziona bene quando non se ne vede traccia pubblica. Non essendo organismi pastorali, servono al governo pastorale, non a esibire inutili e dannosi protagonismi. Altrimenti divengono strumenti dannosi e inutili.

La vera riforma della Curia

Se riflettiamo un momento, il modo di agire di Francesco è la più efficace e intelligente riforma della curia che si potesse immaginare. Tra l’altro, ironia della sorte, realizzata senza fare assolutamente nulla di rivoluzionario.

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