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Siria, ecco perché è pericoloso consegnare armi ai ribelli

Armi in Siria

Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha detto che considera un errore la decisione di ieri di sospendere l’embargo di armi ai ribelli in Siria e ha criticato la mancata posizione comune dell’Unione europea. “Non mi pare sia stato un momento glorioso per l’Europa, perché la tentazione di rinazionalizzare certe competenze, che erano nel quadro europeo, è stata evidente. Non solo da parte di chi voleva il superamento dell’embargo, ma anche vista la rigidità dell’altro schieramento”, ha detto la titolare della Farnesina. Ora il suo impegno sarà quello di continuare a bloccare qualsiasi invio di armi da parte dell’Italia.

Il ritorno alle cancellerie nazionali

Secondo il giornalista e inviato di guerra Marco Ventura, questo “no” è “forse il primo atto di rottura di Emma Bonino come ministro degli Esteri rispetto alla politica condotta ultimamente dall’Italia in Medio Oriente e nel mondo arabo”. Nell’analisi pubblicata ieri sul blog di Panorama.it Ventura sostiene che la posizione della Bonino è una scelta di prudenza fondata sull’esperienza e sulla conoscenza di quei Paesi. “Ma anche sulla consapevolezza che la caduta dell’embargo significa il ritorno di decisioni fondamentali di politica estera dei paesi europei dalla sede del Consiglio europeo alle cancellerie nazionali”, ha aggiunto.

Il disaccordo europeo

In un editoriale pubblicato oggi sul Corriere della Sera, Franco Venturini sottolinea l’ipocrisia della mossa europea. Da una parte, l’embargo non è stato rinnovato, per cui si lascia a ogni paese la scelta di inviare le armi o no all’opposizione siriana. Da un’altra, invece, si stabilisce che “nessuno manderà armi fino a nuovo avviso (nemmeno Londra e Parigi), e resta la richiesta di garanzie (quali?) capaci di impedire che le armi in questione cadano nelle mani dei gruppi qaedisti”, ha spiegato Venturini. Un gioco di regole che servono solo per tentare di coprire il profondo disaccordo all’interno dell’Ue sulla vicenda siriana.

Dai ribelli ai terroristi

L’estate scorsa i ribelli di Aleppo, la principale città al nord della Siria, avevano avvertito che non volevano accettare il sostegno del gruppo terroristico Al-Qaeda. Ma se l’Occidente fosse rimasto fermo nella decisione di non aiutarli, avrebbero ceduto pur di combattere il regime di Bashar al Assad. “Non vogliamo Al-Qaeda qui, ma se nessuno ci aiuta, ci sarà l’alleanza con loro”, aveva detto Abu Amar, leader ribelle di Bab al Nasr, al centro dei combattimenti ad Aleppo.

Secondo la Bbc, una fazione irachena di Al-Qaeda ha concordato un’alleanza con il Fronte Al Nusra, una milizia radicale jihadista che opera tra i gruppi oppositori contro il regime di Damasco. La vicina Israele, per mesi, aveva avvertito della presenza di milizie terroristiche alleate ad Al-Qaeda nelle zona fuori dal controllo dell’esercito siriano.

Al-Qaeda in Siria

È stato proprio il leader di Al-Qaeda in Iraq, Abu Bakr Al Bagdadi, a confermare a dicembre la fusione con un messaggio di voce diffuso in Rete: “È ora di annunciare alla Airia e al mondo intero che il Fronte Al Nusra fa già parte dello Stato Islamico dell’Iraq”, ha detto, usando il termine ufficiale della fazione irachena di Al-Qaeda.

Secondo un rapporto di intelligence americano, ai ribelli siriani sono state consegnate risorse economiche e umane e un piano strategico da seguire. “Abbiamo dato piani, e una linea politica di lavoro, oltre a sostegno finanziario e uomini che conoscono il campo di battaglia”, ha detto Al Bagdadi

In più, come ricorda Venturini, i militanti libanesi sciiti di Hezbollah sono impegnati sul campo dalla parte di Assad. Ogni giorno che passa aumentano le forze straniere che aggiungono tensioni e pericoli alla guerra in Siria. La miccia di una crisi non solo regionale.

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