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Berlusconi e il governo Letta legati dalla sentenza della Consulta

Non c’è bisogno di una macchina del tempo per rivivere il senso profondo della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Come nell’eterno ritorno nietzschiano, i nodi mai sciolti continuano a tornare al pettine e il ventennio politico del leader del Pdl e i piccoli passi verso una modernizzazione del Paese sembrano incrociarsi indissolubilmente con il destino giudiziario dell’ex presidente del Consiglio.

Che si parli di riforme istituzionali o della semplice tenuta del governo di larghe intese, l’elemento discriminante per il centrodestra è sempre uno: nessuno tocchi il Cavaliere.

FALSE RASSICURAZIONI?
Ad alimentare dubbi sul futuro dell’esecutivo è anche Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi. Se il vicepremier Angelino Alfano – ha scritto Adalberto Signore, sempre informato sugli umori di Palazzo Grazioli – non è affatto preoccupato tanto da ripetere a Il Foglio di Giuliano Ferrara che quello processuale e quello politico sono “due ambiti e due destini separati”, ieri a Villa Certosa i vertici Pdl non sembravano così sicuri dello schema in questione. Anzi.
In Sardegna con il Cavaliere – ha raccontato sabato Signore – ci sono da venerdì pomeriggio Denis Verdini, Daniela Santanché e Daniele Capezzone. Hanno discusso di molte cose, con un’attenzione particolare alle vicende giudiziarie del leader Pdl, ancora scottato dagli ultimi eventi e convinto che l’obiettivo di questo presunto accanimento sia quello di mandarlo fisicamente “in galera”.

LO SPARTIACQUE
Sempre secondo il Giornale, Berlusconi guarderebbe con preoccupazione alla sentenza Ruby di primo grado, attesa per il 24 giugno. Ma soprattutto gli occhi sarebbero puntati su metà giugno (forse il 19), quando la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi sul legittimo impedimento che gli fu negato nel 2010 nel processo sui diritti tv Mediaset. È quello per l’ex premier e per i suoi avvocati lo spartiacque. Se la Consulta dovesse dargli ragione – aggiunge Signore – si tornerebbe di fatto indietro di tre anni e il processo sarebbe destinato alla prescrizione. In caso contrario il Cavaliere dà per scontato che a fine anno la Cassazione confermerà la condanna (quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici). Circostanza che difficilmente potrà non avere ripercussioni sul governo.

LE RIPERCUSSIONI
Il tema centrale per il quotidiano della famiglia Berlusconi è quello del rapporto con il governo Letta. Perché –insistono alcuni dei falchi presenti –a Villa Certosa è chiaro che “le larghe intese non possono reggere se continua l’assalto giudiziario”. Berlusconi ascolta, non lesina commenti piuttosto coloriti sui magistrati milanesi e ripete, magari per scaramanzia, di non essere affatto ottimista. Non è il Cavaliere a farlo – ha rimarcato Signore sul Giornale – ma c’è chi dice che se a metà giugno la Consulta aprirà le porte alla condanna in Cassazione “non si può restare a guardare” e “far finta che nulla è successo”. Insomma, ripercussioni sul governo ce ne saranno eccome. Berlusconi ascolta e tace. Ma è piuttosto chiaro che il doppio binario – processuale e politico – potrebbe presto diventare uno solo.

IL RETROSCENA
Ai lamenti manifesti si somma un retroscena di Marco Conti, che sul Messaggero rivela dalla prima pagina che “se il 19 giugno la Corte Costituzionale si pronuncerà dando torto a Silvio Berlusconi, salterà il tavolo delle riforme. Lo ha annunciato Alfano al Quirinale”.

I DUBBI DEL PD
Le perplessità che frenano la riforma istituzionale non sono tutte nel centrodestra. L’altro elemento che disturba un modifica dell’impianto legislativo in chiave presidenziale – spiega il Sole 24 ore – è Silvio Berlusconi: se verrà assolto dai processi rimonterà la grande paura nel Pd che possa candidarsi a presidente con l’elezione diretta. Uno spettro che rafforzerà le ragioni di chi nel Pd boccia il sistema francese, ma anche tra chi oggi lo promuove. Già oggi si parla di introdurre come “contromisura” una dura legge sul conflitto di interessi che – di certo – non troverà sponda né voti nel Pdl. Anzi – conclude il quotidiano di Confindustria – riporterà i partiti delle larghe intese a una dura contrapposizione.

Berlusconi, i processi e il governo (fonte video: La Stampa)

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