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Ecco come la Germania giudica il governo Letta

Commerzbank torna ad attaccare l’Italia. Dopo le critiche per le poche riforme portate a termine dal governo Monti e il suggerimento di introdurre al più presto un’imposta patrimoniale sugli attivi finanziari, il centro studi guidato da Jörg Krämer fa le pulci alla situazione del nostro deficit e giunge ad una conclusione pesante, anche se non del tutto inaspettata: nel 2013 l’Italia non rispetterà l’impegno di rimanere sotto il 3% del rapporto deficit/Pil.

Perché l’Italia non riuscirà a rispettare gli impegni di bilancio

A partire dai dati di maggio sul nostro saldo, resi disponibili dal Ministero delle Finanze italiano, gli economisti del gruppo bancario calcolano infatti che Roma non riuscirà ad ottemperare, come promesso, ai parametri fissati da Maastricht. Se è vero che l’indebitamento netto al maggio 2013 è di circa 4 miliardi più elevato rispetto al maggio 2012, il deficit nei primi cinque mesi dell’anno aumenterebbe infatti dello 0,8% rispetto all’anno prima. Date le misure prese dal governo Letta, Commerzbank si aspetta inoltre un nuovo peggioramento della situazione dei conti nei prossimi mesi. In particolare, sotto accusa ci sono, oltre all’assenza di misure più incisive di spending review, i tagli alle tasse (Imu) e gli sgravi fiscali previsti dall’ultimo decreto.

L’irritazione tedesca dopo la chiusura della procedura d’infrazione

In altre parole, per Commerz, l’Italia avrebbe messo i remi in barca, dicendo addio al consolidamento e anche al pareggio di bilancio appena introdotto in Costituzione. Dall’ufficio del parlamentare liberale Frank Schäffler, arrivano i primi commenti sul briefing di stamane. Dopo la decisione della Commissione di chiudere la procedura d’infrazione per deficit eccessivo, lamenta Schäffler, all’Italia non si potranno infatti nemmeno applicare gli strumenti draconiani previsti dal Two Pack, il nuovo pacchetto di provvedimenti approvato due settimane fa dall’Europarlamento e voluto da Berlino, che mira a commissariare i Paesi indisciplinati. In Germania, insomma, rimane forte l’irritazione nei confronti di Bruxelles.

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