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Adesso è la Grecia a far esplodere la Troika

La Troika nella gestione della crisi del debito greca ha sbagliato o no? La domanda, se fatta agli ateniesi, avrebbe una risposta scontata. Se si intravvedono miglioramenti sul lato dei conti pubblici, la popolazione è stremata dagli sforzi che le sono stati imposti durante il percorso di risanamento, e che continua a sopportare tuttora. Il dibattito, invece, è tutto interno alla Troika. Se il Fondo Monetario internazionale si batte il pugno sul petto, l’Ue non accetta accuse. E la Bce? Il governatore Mario Draghi sembra cimentarsi in una nuova prova d’equilibrismo.

Il mea culpa del Fmi

L’ammissione del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è contenuta in un documento interno ”strettamente confidenziale”. Il Fmi ammette di aver sottostimato i danni all’economia greca derivanti dall’austerity e i “notevoli fallimenti” che hanno accompagnato la messa a punto del primo piano di salvataggio per la Grecia, la cui inefficacia ha costretto le istituzioni internazionali a vararne un secondo. In particolare, l’istituto di Washington nel rapporto sottolinea la scarsa efficacia delle stime sulla sostenibilità del debito greco e lascia intendere che ci sono stati problemi di coordinamento con gli altri due componenti della Troika, la Bce e la Commissione europea. Sopravvalutata sarebbe stata anche la capacità di Atene di realizzare le riforme richieste.

La posizione dell’Ue

Guai a tirare in ballo l’Ue, invece. Il portavoce di Olli Rehn, il commissario europeo per gli Affari economici e monetari, ha rivendicato che con il piano Grecia è stato evitato il contagio e ha definito ”sbagliato e infondato” pensare che fosse meglio permettere una ristrutturazione del debito nel 2010. D’altra parte, ha sottolineato, il rapporto non riflette una posizione ufficiale del board Fmi.

Le misure greche? Ancora valide

Il portavoce di Rehn ha poi ribadito che le misure previste ”continuano ad essere valide oggi e progressi significativi sono stati fatti” per il raggiungimento degli obiettivo ”in circostanze estremamente difficili”. Dopo aver sottolineato che il rapporto dello Fmi riconosce anche ”notevoli successi”, ha aggiunto che sono stati raggiunti ”diversi altri risultati positivi come la riforma del mercato del lavoro o del sistema sanitario”. Il portavoce di Rehn, ha però aggiunto che la Commissione ”dissente radicalmente” su due punti: laddove il rapporto argomenta che ”sarebbe stato desiderabile un anticipo della ristrutturazione del debito al 2010” e sul fatto che la Commissione non avrebbe pensato misure per la crescita.

L’ammissione/non ammissione di Draghi

Tra i due litiganti, Draghi ha cercato oggi di mostrarsi più diplomatico. Una non ammissione di colpa, certo, che però suona di giustificazione. Bacchettare oggi, con gli occhi del poi, secondo Draghi, è un errore di prospettiva storica. Ma i rilievi del Fmi, di sicuro, non possono essere rifiutate e criticate a prescindere.

”Non direi”, ha risposto Draghi alla domanda se anche l’Eurotower si sentisse di fare un “mea culpa” dopo le indiscrezioni di un report in cui il Fondo monetario internazionale esprime rammarico per le dure misure di austerity imposte alla Grecia. “Un aspetto positivo di questo documento del Fmi – ha ironizzato Draghi – è che non critica la Bce”. Draghi ha poi invitato a guardare al presente: “La Grecia ha fatto un aggiustamento straordinario, il governo se ne è fatto carico e dobbiamo riconoscere il progresso fatto da questo Paese, che pochi anni fa era impensabile”. Detto questo, per Draghi ”se il report del Fmi individua delle ragioni dietro gli errori, dovremo tenerne conto in futuro. Ma si solito si tratta di un errore di prospettiva storica, si giudicano cose avvenute ieri con gli occhi di oggi”. Tanto rumore, sì, ma di certo non per nulla.

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