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Porno, ma non solo. Le derive legali di Google Glass

In molti l’avevano annunciata come la rivoluzione del porno. Ma l’applicazione “Tits and Glass” di Mikandi, la piattaforma specializzata in app per soli adulti destinata ad approdare sugli innovativi Google Glass, è durata giusto il tempo per scatenare curiosità e polemiche.

Ecco una breve rappresentazione di come sarebbe potuta essere:

Non appena l’applicazione è stata messa a disposizione per il download con tanto di istruzioni su come scaricare e utilizzare la app, l’azienda di Mountain View nella giornata di sabato ha magicamente modificato le proprie condizioni d’uso aggiungendo un paragrafo che vieta espressamente ogni forma di materiale esplicito: “Non sono permessi contenuti con nudi, atti sessuali o materiale esplicito – si legge nelle nuove regole in cui si precisa anche la tolleranza zero contro la pedopornografia -. Se verremo a conoscenza di materiale di questo genere – continua Google – l’account verrà segnalato alle autorità competenti e cancellato”.

La delusione di Mikandi
Intuibile la delusione di Jesse Adams, Ceo di MiKandi: “Quando abbiamo ricevuto il nostro paio di Glass e abbiamo cominciato a sviluppare la nostra app, due settimane fa, abbiamo passato in rassegna le condizioni d’utilizzo con molta attenzione, per essere sicuri di starci muovendo nella direzione consentita”, si legge sul sito specializzato Venture Beat.  “Abbiamo fatto un ulteriore controllo settimana scorsa, mentre lanciavamo il sito online e la versione di prova dell’applicazione. Nessuno ci ha notificato alcun cambiamento e ancora non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione da Google”, aggiunge Adams.

La vicenda
MiKandi a inizio della scorsa settimana aveva infatti annunciato di stare lavorando alla prima applicazione con contenuti pornografici progettata appositamente per gli occhiali di Google. Alla curiosità si accompagnò subito il grido d’allarme da parte di alcune associazioni per la difesa della privacy, che bussarono alla porta di Larry Page, numero uno di BigG, per scongiurarne l’ipotesi. E fu a questo punto che come per magia le Developer Policies di Google glass si arricchirono dei nuovi richiami contro contenuti con esplicito riferimento sessuale.
Ma per Adams la battaglia non è ancora persa e promette di adeguare la sua applicazione alle nuove policy per poi tornare sul mercato.

Le richieste del Congresso
L’applicazione di Mikandi non è stata l’unica a destare le preoccupazioni nei confronti dei futuristici occhiali targati Google. Critiche sono giunte anche dal Congresso Usa che ha chiesto a Google di chiarire se i suoi nuovi Glass possano o no violare il diritto alla riservatezza degli americani. Per vederci chiaro la Commissione bipartisan sulla privacy ha inviato una lettera a Larry Page, ponendogli otto domande. Dopo aver ricordato i problemi di Google per aver raccolto dati senza autorizzazione tramite Street View negli anni scorsi, il Congresso ha chiesto informazioni per evitare che la storia si ripeta con particolare riferimento alle indiscrezioni sul fatto che gli occhiali saranno dotati di riconoscimento facciale per ottenere informazioni su chi si guarda, e se gli stessi saranno in grado di memorizzare autonomamente dati.
Per avere le risposte ufficiali bisognerà attendere il 14 giugno, ma da San Francisco Google ha rassicurato: “Abbiamo ripetutamente dichiarato che non introdurremo il riconoscimento facciale nei nostri servizi a meno che non ci sia una valida soluzione per la tutela della privacy”, ha spiegato Steve Lee, direttore di prodotto.

Le app potenzialmente rischiose
Sul sito nasdaq.com sono state esaminate le applicazioni annunciate per Google Glass e ritenute potenzialmente “a rischio” per qualche motivo. Tra le più controverse oltre al già citato “Tits and Glass” di MiKandi ce ne sarebbero altre apparentemente più innocue come Winky, app fotografica creata da Mike Di Giovanni che riconosce il battito delle ciglia, Skitch, una app per editare poi le immagini sui social network e addirittura Evernote. Le prime due per evidenti ripercussioni sulla privacy mentre secondo l’interpretazione fatta sul sito, Evernote, la nota applicazione per prendere appunti potrebbe rappresentare una innovativa e pericolosa modalità utilizzabile dagli studenti per copiare durante esami e compiti in classe.

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